Legato e frustato dai compagni di classe

Studente marocchino preso di mira durante l’ora di ginnastica da tre ragazzi di seconda media della scuola Petrarca
MILANESI - SCUOLA PETRARCA MILANESI - SCUOLA PETRARCA
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PADOVA. Le corde concepite per giocare insieme in palestra possono diventare fruste se l’intolleranza ha la meglio. Scudisci con cui colpire il più debole e indifeso. Una volta ancora.

Tre ragazzini di seconda media ieri mattina hanno legato e frustato un compagno di classe marocchino durante l’ora di ginnastica. Se fosse un caso isolato si potrebbe parlare di un semplice episodio di bullismo, il problema è che questa persecuzione va avanti da tempo.

È successo alla scuola media Petrarca di via Concariola, fiore all’occhiello dell’istruzione primaria padovana, plesso di riferimento per molti residenti del centro storico cittadino. C’era l’ora di educazione fisica, momento di sfogo alla fine della settimana ma anche occasione di divertimento per tutti i compagni di classe. Tutti tranne uno, un giovane di colore che è da tempo il bersaglio prediletto di tre coetanei.

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La palestra è grande, c’è chi gioca a palla, chi si ferma, chi va in bagno a bere. Il professore è presente ma è difficile tenere sempre la situazione sotto controllo. È in questo contesto che i tre giovani sono riusciti a tendere un nuovo agguato al compagno di colore.

L’hanno immobilizzato, legato mani e piedi, steso a terra in un angolo e frustato. Hanno usato gli attrezzi del salto della corda. Lo colpivano e ridevano. Lui si dimenava, implorava aiuto. E loro continuavano a ridere. Tutti intorno gli altri alunni, a dire il vero un po’ interdetti di fronte a una scena così forte.

Non appena il docente si è reso conto di ciò che stava accadendo ha messo fine con vigore all’orribile vessazione. È nato così un caso rimbalzato rapidamente da un professore all’altro, fino alla presidenza. Tutti i genitori sono stati chiamati e ora si dovrà decidere quali provvedimenti prendere nei confronti dei tre ragazzini. C’è chi propone il 6 in condotta, chi invece ritiene sia una punizione troppo lieve.

Sempre loro lo scorso anno avevano preso di mira pesantemente il compagno musulmano. Consapevoli della sua fede religiosa e di quella dei suoi familiari, erano riusciti a rubargli il telefonino impossessandosi anche della sua identità su Facebook. Avevano quindi scritto pubblicamente sul suo profilo una confessione che suonava più o meno così: «Sono gay e voglio dirlo a tutti». Inutile dire che è scoppiato il finimondo, soprattutto tra i parenti marocchini del ragazzino che in un primo momento ci avevano creduto. Anche quel caso venne discusso a tutti i livelli ma da allora non è cambiato granché. I tre in questione continuano a divertirsi sulle spalle del loro coetaneo. E anche i giochi diventano armi con cui colpire duro.

e.ferro@mattinopadova.it

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