L’evento Hobbit non delude Bilbo va alla conquista del regno

Con 735 copie in tutta Italia e altre diverse centinaia in contemporanea in tutta Europa “Lo Hobbit – un viaggio inaspettato” si appresta a essere l’evento dell’anno, sia dal punto di vista produttivo-spettacolare che tecnologico. In realtà il nuovo film di Peter Jackson non innova un granché sotto l’aspetto narrativo, con il ritorno del consueto macrocosmo di nani, elfi, mostri, troll, warg (lupi mannari giganteschi), colossi bianchi stile Voldemort e altri di pietra, maghi, streghe ed eteree principesse uscite da uno spot dell’acqua minerale piùlievechec’è. Invece il 3D, anche quello classico (il film è stato girato nella versione dalla doppia velocità rispetto all’occhio umano, 48 fotogrammi al secondo contro i consueti 24, ma è visibile in 20 sale in tutta Italia in questo formato) appare sicuramente più bello e profondo di altre prove del passato.
La storia racconta il viaggio del protagonista Bilbo Baggins, coinvolto in un'epica ricerca per reclamare il Regno Nanico di Erebor governato dal terribile drago Smaug. Cooptato dal mago Gandalf il Grigio, Bilbo si ritrova coinvolto in una spedizione di tredici nani capeggiati dal leggendario Thorin Oakenshield. (Scudo di quercia) figlio del re spodestato dal drago. Dovranno raggiungere – attraverso terre insidiose quanto dense di una bellezza incorrotta (uno splendido spot della Nuova Zelanda) – l’Est e le Montagne Nebbiose, per riconquistare il Tesoro, come ricordava il sottotitolo del romanzo di John R.R. Tolkien, che, scritto nel 1937 come prequel del “Signore degli Anelli”, godeva di una prosa agile e sicura perché rivolto soprattutto a un pubblico più giovane. In questa chiave si spiegano ad esempio un ingresso più dolce nella vicenda, o la sfida di indovinelli tra Bilbo e Gollum, durante la quale l’ingenuo hobbit si impadronisce del magico anello che dà potere e rende invisibili. Ma soprattutto il libro dava conto di un viaggio – quello di Bilbo - che non era solo geografico, ma di maturazione e di presa di coscienza, che nel film invece solo in parte riemerge, sepolto in uno dei tanti cunicoli dove la compagnia “nanica” cerca rifugio e pertugio. Inoltre il romanzo che nella bella versione di Adelphi, con tavole e mappe, contava 350 pagine, al cinema verrà dilatato in una trilogia (“La desolazione di Smaug” e “Andata e ritorno”, già in post-produzione) che se nel “Signore degli anelli” era ovvia, qui appare una scelta troppo commerciale, pur nel rispetto di una spettacolarità sempre alta. Si veda ad esempio la prima parte di questo primo episodio, o alcuni passaggi di battaglie e fughe assai ridondanti. Ma l’operazione alla fine riesce ad appassionare e il fantasy tiene inchiodati per quasi tre ore di proiezione, anche grazie alla simpatia e alla bravura dell’hobbit Martin Freeman e dei suoi partner, tra i quali alcuni dei protagonisti di sempre, dall’elfica Galandriel di Cate Blanchett al Gandolf di Ian McKellen, sino a Saruman, il mitico (90 anni) attore inglese Christopher Lee, interprete di tanti Dracula e di molti altri film dell’orrore.
Durata: 166’ – Voto: *** ½
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