LINO DINETTO Sacro e profano e donne come totem

«Le tre amiche», uno dei dipinti più famosi di Lino Dinetto A sinistra l’ottantenne pittore nato a Padova: qui ha affrescato la cappella centrale del Duomo
Chi entra in una rassegna dell'ottantenne padovano Lino Dinetto, da oggi in mostra a Treviso a Palazzo dei Trecento con 63 dipinti e sette sculture, sa di ritrovare un artista che negli anni cinquanta è stato in America Latina: a Montevideo in Uruguay per affrescare la cattedrale di S. José. In Brasile per una personale organizzata dal Museo d'Arte Moderna di San Paolo. Riconoscimenti prestigiosi come l'incarico, tornato in Italia, di dipingere la cappella centrale del Duomo a Padova. In mostra ci sono anche tre carboncini su carta degli anni '90, gli studi per la cappella di Santa Chiara nella Basilica di S. Antonio sempre a Padova; insieme all'olio sulla Crocifissione, un'esasperazione della stessa tematica che troviamo in Dürer, formano l'iniziale sezione dedicata all'arte sacra. E sa di imbattersi nella materia vibrante della pittura. Nella diversità dei soggetti che la raccontano a partire dagli anni Settanta: figure paesaggi nature morte. Il risultato di una formazione che inizia molto presto, riconoscendo in Carrà il maestro che lo ha influenzato inizialmente. E poi Sironi Matisse Morandi Picasso. Un lungo elenco che trova un senso nell'assimilare e personalizzare le novità di una stimolante cultura iconica. E che trasforma in linfa vitale per dare fondamento e sviluppare l'originalità delle sue forme e dei suoi contenuti. Nelle sue figure la visione della donna potrebbe anche richiamare un'idea della femminilità vicina a quella di Massimo Campigli. O a quella della Secessione viennese, con assonanze ai tratti taglienti di Schiele. La cifra stilistica dei corpi di Dinetto è nella loro stesura coloratissima. Nell'assoluta libertà d'impaginazione cromatica dove un viola carico e dirompente si accosta al blu denso e compatto dell'autoritratto. Sono stesure pensate calibrate tenute geometricamente sotto controllo. Sono immagini che non tendono al bel "vedere". Alla pura esteticità della contemplazione. O al coinvolgimento emotivo. Al contrario. Vogliono suscitare un certo distacco. Una certo guardare critico. Le donne di Dinetto hanno facce totemiche inespressive, busti allungati, gambe corte che faticano ad accavallarsi. Il tutto all'insegna di una sottile ironia. Sono figure quasi materiche sabbiose granulose ispessite come se fossero staccate da un antico affresco. Nelle composizioni mirate al paesaggio Dinetto fa interagire le cromie. In Venezia in rosso il disegno impreziosito di un palazzo reso vibrante dalle incursioni di frenetiche pennellate espressioniste, s'incastra nella prua appuntita di una gondola che sembra emergere minacciosa dal rosso compatto della laguna senza tracce del livido marcio che spesso la deturpa. Nelle nature morte ricontestualizza gli oggetti inserendo i suoi elementi costitutivi, la collocazione la forma il colore, «in spazi inediti di osservazione». In Tavolino con fiori e frutta Dinetto comunica un senso altro al di là della chiarezza linguisticamente identificabile.
DINETTO: Harmonia. Palazzo dei Trecento Piazza dei Signori, Treviso Fino al 30 gennaio 2011
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