Lo storico che ha unito antico e contemporaneo

Essere Tafuri. A vent’anni dalla morte del grande storico dell’architettura che ha segnato una generazione di studiosi e ha fatto di Venezia e dell’Università dell’Iuav - dove insegnò fino alla scomparsa - il fulcro di un nuovo modo di accostarsi all’architettura antica e contemporanea, proprio il “suo” ateneo organizza oggi a Venezia, a Palazzo Badoer (dalle 10 alle 18) una giornata internazionale di studi per ricordarlo, ripercorrendo i temi fondamentali della sua ricerca. Era un intellettuale austero, il professor Tafuri, e non solo per la folta barba nera che gli incorniciava il viso, i modi bruschi, la frugalità di vita e di comportamenti e la militanza attiva da comunista duro e puro (e influente) del tempo.
Ma per il senso e la dedizione alla sua ricerca, estesa ai suoi allievi, tanto da aver trasformato quel Dipartimento di Storia di Architettura che fondò proprio a Palazzo Badoer (e che non gli è sopravvissuto) in una sorta di “monastero” di studiosi che bastavano, in un certo senso, a se stessi, senza frammistioni con altre discipline.
Lo ricorda in parte così anche il professor Renzo Dubbini, direttore del Dipartimento di Architettura Costruzione Conservazione - che ha assorbito anche quello tafuriano di Storia dell’Architettura - organizzatore della giornata di studio con la professoressa Manuela Morresi, anch’essa molto vicina a Tafuri.
Ma, scorrendo l’elenco dei relatori, qualcuno si stupirà, forse, di non vedere accanto a studiosi stranieri come Andrew Leach, Daniel Sherer, Jens Niebaum o Yves Pauwels - che continua a seguire il filone dei suoi studi e soprattutto il suo metodo - quello di alcuni allievi veneziani a lui molto vicini come Francesco Dal Co, Marco De Michelis, lo stesso Massimo Cacciari.
«È una scelta precisa» spiega il professor Dubbini «perché non abbiamo voluto che la giornata dedicata a Tafuri si trasformasse in una sorte di reunion di vecchie glorie impegnate a celebrare i tempi antichi legati a lui, ma abbiano piuttosto puntato sull’attualità della sua ricerca. Per questo i partecipanti alla giornata di studi appartengono all’ultima generazione di allievi che si è formata con Tafuri, o sono ricercatori e studiosi che, talvolta senza averlo conosciuto personalmente, ne hanno studiato l’opera, fornendo contributi critici di rilevante interesse. Certo, nell’idea di Tafuri alla guida del Dipartimento di Storia di Architettura che lui stesso ha creato c’era l’idea severa e quasi conventuale che lo storico fosse una figura autonoma, che non dovesse confrontarsi con architetti, urbanisti e progettisti per condurre la sua ricerca. Ma nello stesso tempo essa era estremamente realista e aderente al proprio tempo, sia quando, soprattutto nella prima fase della sua ricerca, si occupò di architettura contemporanea, sia quando si volse a una rivisitazione del Rinascimento tra Roma e Venezia, con microstorie, come il libro dedicato alla chiesa di san Francesco della Vigna, o con una visione più ampia e generale, con libri fondamentali come “Venezia e il Rinascimento” e l’ultimo, “Ricerca del Rinascimento”, che nel titolo stesso suggerisce un metodo».
E Tafuri, che considerava tra l’altro esemplare sul piano filologico il restauro del cinquecentesco Palazzo Grimani, che non vide concluso, aveva scelto Venezia per testarlo.
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