L’uomo che fa testimoniare le piante

TREVISO. Che il mondo vegetale e animale sia in grado di fornire utili informazioni alle indagini sulla scena del crimine, ce l’ha insegnato il suo più illustre collega, Gil Grissom, lo scienziato-detective di Csi Las Vegas. Ma la capacità di tradurre queste informazioni è cosa ben più seria di un’appassionante serie televisiva, e questo Stefano Vanin, biologo trevigiano, lo sa bene. Probabilmente sa anche che in Italia non c’è ancora la sensibilità necessaria per consentire alle prove scientifiche che la biologia può produrre - attraverso tracce d’insetti o frammenti di piante - di diventare consuetudine nelle indagini criminologiche. Perché se a poco più di quarant’anni Vanin è uno dei massimi esperti nel campo dell’entomologia forense ed è spesso impegnato al fianco della polizia scientifica per analizzare la scena del delitto, da qualche anno vive in Inghilterra, dov’è docente associato di biologia forense all’Università di Huddersfield: dopo la laurea e il brillante dottorato all’Università di Padova, la specializzazione nelle applicazioni forensi dell’entomologia e i numerosi successi riscossi nel suo campo di ricerca, è stata un’Università inglese a offrirgli una prestigiosa cattedra, come accade a molti altri “cervelli nazionali”.
A Vanin, però, continuano a rivolgersi le procure italiane nell’ambito di delicate vicende, come i delitti di Yara Gambirasio, Elisa Claps e Lucia Manca, tanto per citare i casi più tristemente noti. Ma oltre a tornare spesso in Italia “quando Procura chiama”, domani sarà nella sua città, Treviso, per parlare di botanica forense al pubblico dei “Salotti Botanici” del Barbazza Garden Center, alle 18.30 in via San Pelajo.
Vanin potrà, quindi, spiegare come la botanica - attraverso piante, pollini e spore rinvenute sulla scena del crimine - fornisce preziose testimonianze circa il luogo e il momento in cui è avvenuto un delitto.
Ma non di sola cronaca nera, si occupa Vanin, incaricato anche di svolgere indagini sulle mummie rinvenute a Roccapelago, sull’appennino modenese o sulla presunta tomba di Monna Lisa a Firenze. Anche se è una materia non ancora molto frequentata, la botanica forense è stata studiata in Giappone già nel dodicesimo secolo, mentre in Europa è stata affrontata all’inizio del Novecento.
Ha rivelato tutta la sua potenzialità quando il Tribunale delle Nazioni Unite per i crimini di guerra durante il conflitto nella ex Jugoslavia ha potuto stabilire la portata degli eccidi di massa, nonostante i corpi delle vittime fossero stati spostati in numerose località per mascherare l’entità delle esecuzioni: l’analisi dei pollini rivenuti su di essi consentì di individuare i luoghi dove erano stati effettivamente uccisi. Perché piante e insetti possono essere testimoni attendibili anche dopo molti anni, agli occhi di chi ne sa interpretare i segni.
Riproduzione riservata © Il Mattino di Padova