Ma Vienna resta la culla della musica nostalgica

di Mirko Schipilliti
VIENNA
A Vienna siamo nel cuore della tradizione musicale europea, dove tra Natale e Capodanno si concentrano eventi per palati fini. Tralasciando negozi di musica, case, monumenti e tombe di compositori mitici, il tradizionale concerto di Capodanno dei Wiener Philharmoniker al Musikverein concentra l'attenzione, non solo l'1 gennaio, ma anche il 30 e 31 dicembre, diretto quest’anno per la seconda volta da Mariss Jansons, mentre i filarmonici viennesi non si risparmiano all'Opera di Vienna anche un'instancabile rassegna che alterna giorno dopo giorno Mozart, Janacek e Johann Strauss, quest'ultimo trasmesso in diretta su maxischermo la sera del 31 nella piazza Karajan.
Una piacevole consuetudine quella dell'opera su schermo in piazza , che in Italia meriterebbe spazi e risorse in grado di avvicinare molto più pubblico all'opera.
Ma per Vienna il concerto di Capodanno, diffuso in tutto il mondo per la 54ª volta - 70 televisioni per 45 milioni di spettatori - non è solo un evento, è una vera festa della musica (maxischermo in piazza del municipio), celebrazione della sua forza trascinante e del coinvolgimento che suscita in tutti noi.
Jansons ne è l'eccellente portavoce, dalla suggestiva nobiltà di stile, gesto plastico e sempre espressivo, muovendosi in un delicato equilibrio tra istinto e ragione perfettamente incastonato nelle partiture di Strauss. Basta l'eleganza nostalgica di "Brennende Liebe" per penetrare il cuore del suono, e che dire delle trasparenze dagli estratti di "La bella addormentata" di Ciajkovskij, da cui Jansons dipana magicamente la lucentezza delle melodie della propria tradizione slava, o le intuizioni inattese degli ottoni nella sezione centrale della "Marcia di Radetzky".
La complicità dei Wiener Philharmoniker è assoluta e commovente al tempo stesso, fra le migliori orchestre al mondo, forse quella con i migliori archi, un suono che nessuna registrazione può restituire. Ascoltarli a casa loro, per di più in questo repertorio, è un'esperienza unica e indimenticabile: dalle tenere falcate dei contrabbassi al lungo fraseggio cantabile in "Delirien", alle dissolvenze del "Pizzicato-Polka", al legato e alla profondità del pianissimo in "Kunstler-Gruss", al suono, bello, bellissimo, persino delle percussioni. Ma quando entra in scena il coro di voci bianche dei Wiener Sangerknaben, in "Tritsch-Tratsch polka" e in "Feuerfest", tale è il livello di preparazione e l'articolazione dell'assieme, da rendere palese il trovarsi oltre l'intrattenimento di qualsiasi concerto di Capodanno, inondati di spontaneità, disciplina e amore per l'arte e la musica, di orgoglio - vero e puro - per le proprie tradizioni e la propria cultura.
E alla Staatsoper? State certi che non verrete delusi. In Le Nozze di Figaro la compagnia di canto (nessun italiano) non ha grandi pretese, senza voci che si impongono veramente, ma è diligente e non ammette sbavature, soprattutto nelle parti maschili, con largo consenso di pubblico.
Adam Fischer - già seguito a Bayreuth nell'intera tetralogia wagneriana - si conferma direttore solido di grande esperienza con le voci, equilibrio di suono impeccabile, tenendo in mano la partitura come un giocattolo da capo a fine. Nell'orchestra non c'è l'innovazione di quanto emanato dalle lezioni dei filologi e delle compagini in prassi esecutiva, ma non esiste mai routine, mostrandoci sempre la vibrazione e la viva articolazione interna delle pagine mozartiane, una concezione consolidata e inossidabile. Magari potessimo sempre ascoltare Verdi e Puccini così, a casa nostra.
©RIPRODUZIONE RISERVATA
Riproduzione riservata © Il Mattino di Padova