«Meglio i sexy shop delle sale giochi»

Nicola Rossi: «Attività commerciali riconosciute, non è ammissibile assistere a crociate antistoriche dei residenti»
Di Felice Paduano
BARSOTTI - SEXY SHOP. FABRIZIO BARIN
BARSOTTI - SEXY SHOP. FABRIZIO BARIN

«Il sexy shop è un’attività commerciale come un’altra. Il caso scoppiato in via Cavallotti è sintomatico per capire che, nel terzo millennio ed in un Paese civile e democratico come l’Italia, non è ammissibile portare avanti crociate antistoriche, basate sul comune senso del pudore ed in nome di una morale conservatrice e bigotta, che, in uno Stato laico, non dovrebbe più esistere».

Nicola Rossi, presidente provinciale della Confesercenti interviene sulla vicenda del sexy shop «I piaceri di Venere» il cui titolare Fabrizio Barin ogni giorno trova bigliettini d’accusa sulle vetrine, oltre a dover fronteggiare petizioni e proteste condominiali.

Tutte le precauzioni.

«Essendo il sexy shop un negozio particolare rispetto alle altre tabelle merceologiche, il gestore deve utilizzare tutte le precauzioni possibili per rispettare chi non la pensa come lui» aggiunge Rossi, «Ad esempio deve evitare di effettuare, all’esterno del negozio, una pubblicità troppo accattivante, esponendo articoli ed indumenti a luci rosse troppo appariscenti». Sempre Rossi fa un ragionamento non di poco conto. «Alcuni si lamentano dei sexy shop. Ok, ci può stare. Ma allora perché gli stessi moralisti non prendono anche una posizione analoga contro le sale giochi, dove una persona può rovinarsi per sempre e mandare sul lastrico una famiglia?» La storia del sexy shop osteggiato dalle parti di Santa Croce in città non rappresenta una novità. A Padova quattro altri negozi di questa tipologia hanno subìto, di recente, storie simili.

I precedenti padovani.

Cinque anni fa, all’incrocio tra le vie Niccolò Tommaseo e Nino Bixio, in zona stazione, il negozio in franchising, partito dalla Germania, Beate Uhse (il sexy shop la cui fondatrice ha sempre sostenuto che questo tipo di attività ha una funzione terapeutica per tenere unita la coppia), fu costretto a chiudere per motivi analoghi. Proteste a valanga, ma solo nei primi mesi di apertura, anche per i sexy shop di via Jacopo Avanzo, che prima era in via Annibale da Bassano, al piano terra di Palazzo Maruffi, per quello di via Buonarroti, quasi all’incrocio con via Crivelli, gestito da un familiare dell’edicolante di via Emanuele Filiberto (il giornalaio che espone le riviste più popolari del settore erotico) e di quello che è durato solo pochi mesi, che si trovava in via Buonarroti 65, all’incrocio con via Zara. Quest’ultimo sexy shop, che si chiamava Europa 92, finì anche sulle pagine di cronaca dei quotidiani nazionali perché il titolare della seconda gestione, Sabino Persichella, di 39 anni, un veronese di origine pugliese, s’impiccò proprio nel suo locale perché era stato lasciato dalla sua fidanzata. Nell’elenco dei negozi a luci rosse della città che hanno subìto contestazioni dai vicini, infine, non può essere dimenticato il popolare Sesto Passo, oggi in via Longhin, contro il quale, nel periodo in cui aprì i battenti in via Turazza, all’incrocio con via Pellizzo, furono indette subito ben due raccolte di firme.

GUERRA AI SEXY SHOP

LEGGI E COMMENTA

www.mattinopadova.it

Riproduzione riservata © Il Mattino di Padova