Michele Gottardi «Quattro anni all’Ateneo»

di Enrico Tantucci
VENEZIA
Se a Venezia altre istituzioni culturali e scientifiche veneziane, come la Fondazione Cini o l’Istituto Veneto di Scienze Lettere e Arti hanno forse una visibilità “esterna” più accentuata, l’Ateneo Veneto - che ha festeggiato solo due anni fa il suo bicentenario, visto che nacque il 12 gennaio 1812, con decreto di Napoleone, dalla fusione della Società Veneta di Medicina, dell’Accademia dei Filareti e dell’accademia Veneta Letteraria - ha però radici profonde nella vita e nella società cittadina. Solo qui, nell’Aula Magna di Campo San Fantin gremita di gente, come è accaduto in questi anni, si sarebbe potuto assistere al confronto diretto, e civile, tra Giorgio Orsoni e Renato Brunetta quando ancora si contendevano la poltrona di sindaco della città.
O vedere i dirigenti di Edizione - la società del gruppo Benetton proprietaria del Fontego dei Tedeschi - accettare per l’unica volta di confrontarsi con la società veneziana e il suo associazionismo sulle sorti del cinquecentesco edificio e la sua prossima trasformazione in grande magazzino, “targato” Louis Vuitton.
Proprio perché esiste questo legame forte con la città, che, al di là dell’indubbia valenza culturale dell’istituzione e dei suoi programmi, ne fa una sorta di agorà cittadina in cui potersi confrontare in alcuni momenti topici. Basta per tutti il drammatico, per chi l’ha vissuto, dibattitto seguito al rogo della Fenice del 1996, con tutti i protagonisti della vicenda a confrontarsi, senza rete, con la città. Per questo il cambio della guardia alla presidenza dell’Ateneo - come in molti lo chiamano, con la A maiuscola, e senza confonderlo con Ca’ Foscari o Iuav - è comunque un momento importante, di bilancio e di svolta per questa istituzione.
E avverrà domani, quando Michele Gottardi, storico e critico cinematografico che l’ha guidato per quattro anni, passerà idealmente la mano a Guido Zucconi, un altro storico, ma dell’architettura, dove insegna all’Iuav. Per Gottardi, che prima di divenire presidente era stato per otto anni segretario accademico dell’Ateneo, la conclusione di un percorso personale all’interno di questa istituzione, con più di un motivo di soddisfazione.
«Credo di lasciare l’Ateneo Veneto», spiega «in un momento di forte rinnovamento, che ha proseguito quello avviato sotto la presidenza di Giannantonio Paladini e poi proseguito da quelle di Alfredo Bianchini e Antonio Alberto Semi. È, oggi, un’istituzione laica, che ha mantenuto un rapporto forte con la città - come dimostrano appunto i dibattiti ospitati tra Orsoni e Brunetta, quello per il Fontego o quello per l’Ospedale - pur mantenendo alta la sua vocazione scientifica e di studio, con momenti significativi, come la dedicazione a Vittorio Cini della sala consiliare o il restauro dei marmi concluso con la collaborazione dell’Unesco e naturalmente le manifestazioni del Bicentenario. E un ruolo l’Ateneo e il suo presidente hanno giocato in parte nel dare forza all’appello lanciato da questo giornale per la riconferma di Paolo Baratta alla guida della Biennale».
L’Ateneo Veneto - graz. ie a un’oculata gestione - è riuscito a rimanere a galla nonostante la riduzione dei contributi statali e regionali.
«Facciamo conto, oltre che sulle quote dei soci», spiega il presidente uscente, «su quella “fetta” di contributi pubblici che comunque continuano ad arrivare, anche su iniziative cone l’affitto nei mesi estivi, ad esempio durante la Biennale, dei nostri spazi, che ci danno un po’ di ossigeno per proseguire nelle nostre attività, con buona partecipazione di pubblico. Nel tradizionale rapporto annuale sulla cultura in città che verrà presentato tra pochi giorni dalla Fondazione di Venezia, l’Ateneo Veneto risulta al terzo posto per numero di iniziative realizzate dietro il Comune e Ca’ Foscari. E tra pochi giorni presenteremo il volume sull’evoluzione degli studi di storia dell’arte e dell’architettura a Venezia, che si basa sul convegno da noi organizzato su questi temi e che vede anche i contributi di giovani ricercatori e studiosi».
Quella di “svecchiare” l’Ateneo, di togliergli di dosso quella patina prestigiosa ma anche un po’ polverosa di antica e stimata istituzione cittadina, è stata una delle preoccupazione e dei compiti del mandato di Gottardi, in parte riuscita.
«Si sarebbe potuto fare ancora di più, anche nella scelta dei nuovi soci - osserva con apprezzabile spirito autocritico Gottardi - ma non era facile, anche per le resistenze che ancora ci sono verso il rinnovamento, ma la strada è comunque tracciata e spero che il professor Zucconi, che mi succederà, vada avanti nella stessa direzione, per accelerare questo ricambio, di cui l’Ateneo Veneto ha bisogno per diventare sempre più forte e incisivo in una città come Venezia».
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