Milano sotto la pioggia ricorda il suo poeta

MILANO. Il dolore si mescola al ricordo, sotto la pioggia di Milano, e i milanesi rendono omaggio a Enzo Jannacci, morto venerdì sera a 77 anni, piegato da una malattia contro la quale combatteva da anni. Negli ultimi giorni le sue condizioni erano peggiorate, c’era stato il ricovero. I medici, i suoi colleghi medici - lui non aveva mai voluto abbandonare la professione - avevano capito che il capolinea si avvicinava. E quando la fine è arrivata, Jannacci aveva intorno a sé gli affetti di tutta la vita.
In tanti si sono messi in fila davanti alla camera ardente, alla casa di cura Columbus di via Buonarroti: è l’addio a un concittadino, a un artista, a un simbolo di Milano che faceva sfoggio con orgoglio del dialetto. Gente comune, chi porta un vecchio vinile di “Vengo anch’io”, chi lascia un paio di “scarp del tennis”. Tanti colleghi di lavoro, come il cantante e compositore Ricky Gianco che parla di «un grande dolore», Paolo Rossi, Paolo Kessissoglu, Cochi Ponzoni che sente di aver «perduto un fratello», o l’attore Moni Ovadia, «cantava gli ultimi e i diseredati, ha portato la milanesità nel mondo», dice. E poi l’ex sindaco, Carlo Tognoli e l’attuale Giuliano Pisapia, che ai piedi del feretro lascia un mazzo di giacinti azzurri: «È un giorno triste per tutta Milano e per l’Italia» dice «Le sue canzoni hanno raccontato con ironia ma anche con una riflessione seria la città».
Sotto casa Jannacci in viale Romagna, dove Enzo viveva con la moglie - loro due soli, dopo che il figlio Paolo si era sposato e trasferito - l’omaggio è in tre rose rosse, un bigliettino che dice «Ciao Maestro!».
Ma il ricordo di Milano si somma al ricordo di tutta Italia, per questo artista unico, capace di tenere insieme la vita di professionista con quella di cantautore; capace di essere cantante e autore, intellettuale e menestrello, autore di tormentoni che non moriranno mai e sono diventati lessico (vengo anch’io, no tu no, lo dicono anche i bambini, pur non sapendo il perché) e autore di poesie in musica alle quale la sua voce sapeva dare uno spessore che ad altri non riuscirà mai.
Era la Milano prima di Milano, quella dei milanesi veramente, non ancora bramosi di bere e fagocitare la vita. Una Milano piena di orgoglio, di pietà, di bellezza umana che aspettava solo di esser vista e raccontata, la Milano che lui sapeva vedere e raccontare. Era poeta e anche attore,. l’ultima volta con Sergio Castellitto per “La bellezza del somaro”. Ogni volta si rimetteva in gioco, con intelligenza e ironia, mai con superficialità.
In Veneto ricordano la sua partecipazione, con Marco Paolini, a “Luci per la poesia” a Fusina, era il 1999; più recenti apparizioni,a Conegliano e al Piccolo teatro di Padova.
Oggi sarà allestita una nuova camera ardente, al teatro Dal Verme, in via San Giovanni sul Muro a Milano. Sarà aperta oggi e domani dalle 10 alle 19; i funerali saranno celebrati martedì, alle 14.45, nella basilica di Sant’ Ambrogio.
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