Mobbing, il Comune perde ancora

SAN MARTINO DI LUPARI. Il Tribunale del lavoro di Padova ha rigettato il ricorso fatto dal Comune di San Martino di Lupari sul caso del dipendente pubblico licenziato per la “spending review”. Il collegio giudicante (Bortot, Dosi e Perrone) il 6 febbraio scorso ha ritenuto di confermare la sentenza di primo grado, condannando l’amministrazione comunale del sindaco leghista Gerry Boratto al pagamento delle spese processuali quantificate in 3.500 euro. Quindi Giampaolo Cadorin, 50 anni, di Treviso, impiegato facente funzione di dirigente nel settore Ragioneria, licenziato sulla base di una delibera di giunta che dichiarava lo stato di esubero dell’organico all’interno del municipio, potrà rimanere al suo posto. Ora gli avvocati (Marina Melchiori e Gabriele Maso di Treviso e Lucia Casella del foro di Padova) passano al contrattacco: chiederanno un risarcimento danni per mobbing di 210 mila euro.
Si chiude così il primo caso in Veneto e secondo in Italia di interpretazione discutibile dell’articolo 16 della legge di stabilità (la 183 del 2011) varata dal Governo Monti per regolare le eccedenze di personale nelle amministrazioni pubbliche nell’ambito dei provvedimenti per la spending review. Nella sentenza del giudice si ribadisce ancora una volta il “carattere mirato” del provvedimento preso dall’amministrazione comunale nei confronti del dipendente pubblico.
Il dipendente. «La sentenza è molto chiara» evidenzia Giampaolo Cadorin, «hanno completamente stravolto la legge per utilizzarla contro la mia persona. Non lo dico io, l’hanno scritto i giudici nei due gradi di giudizio. Mi dispiace che sia successo proprio a me ma ritengo che sia un risultato importante per tutti i lavoratori del pubblico impiego che si troveranno nelle mie stesse condizioni. Ora chi ha firmato quelle carte, chi ha preso quelle decisioni, dovrà assumersi le proprie responsabilità. Abbiamo chiesto un risarcimento di 210 mila euro citando in giudizio il Comune, il sindaco e il segretario comunale. Voglio anche sottolineare che se è stato provvidenziale l’intervento della Cgil, mi ha deluso l’azione tardiva di altre sigle sindacali a cui in precedenza facevo riferimento».
La Cgil. Il “padre” di questa vertenza a lieto fine è Salvatore Livorno, segretario provinciale della Cgil Funzione pubblica che fin da subito ha creduto nella battaglia. «È una vicenda tutta politica, i cui costi ora ricadranno sulla comunità di San Martino di Lupari» attacca Livorno.
«Si è fatto un uso privato della cosa pubblica sulla pelle di un lavoratore. Se si parla di pubblica amministrazione bisogna fare il bene dei cittadini e non buttare i soldi in questo modo. Fortunatamente la Magistratura ha riportato la vicenda nei binari della legalità e della giustizia. Non ci resta che vedere come finirà con la richiesta di risarcimento danni. Ultima considerazione: fa un certo effetto pensare che a esercitare il mobbing su un lavoratore siano stati un sindaco e un segretario comunale».
@enricoferro1
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