Morte sospetta, sospeso il funerale

Ha lavorato per 25 anni alle Officine di Cittadella, s'è ammalato e spento in 3 mesi
BRUNO FRASSON. Aveva 64 anni
BRUNO FRASSON. Aveva 64 anni
 
CITTADELLA.
Si è spento il giorno di Pasqua, era un poeta. Ma non gli è ancora stata data sepoltura: la magistratura vuole vederci chiaro, potrebbe essere morto per esposizione all'amianto, era nella lista delle persone «a rischio», lavorava alle Officine di Cittadella. La malattia lo ha distrutto in tre mesi.  Bruno Frasson aveva 64 anni; abitava con la moglie Franca Visentin in via Borgo di Ponente a Cittadella, a due passi dall'incrocio semaforico di Borgo Bassano; era padre di Cristian, 35 anni, che gli aveva dato Aurora, la nipotina che tanto amava. E' venuto a mancare il giorno di Pasqua, alle 15.45; era ricoverato all'ospedale di Cittadella, in Chirurgia.  Anima sensibile, era un poeta ed i suoi scritti venivano pubblicati anche nel bollettino del Duomo. La piazza e la stazione ferroviaria di Cittadella erano i suoi luoghi abituali, spazi d'incontro e dialogo, le sue fonti d'ispirazione, quasi una seconda casa, che raggiungeva con la sua amata bicicletta. Lo conoscevano tutti a Cittadella per la gentilezza e cordialità.  Un uomo gradevole, di poche parole, che scriveva poesie ed attraverso i versi metteva a nudo la propria anima. Il funerale non è ancora stato celebrato e non si sa ancora nulla su una possibile data per prendere commiato da Bruno Frasson; le ragioni sono evidenti: l'autorità giudiziaria vuole vedere chiaro sulla morte, di mezzo c'è l'amianto. «Mio marito - ricorda la moglie - ha lavorato per 25 anni, dal 1972 fino alla pensione, arrivata nel 1997, come tornitore alle Officine di Cittadella. Quando tornava a casa le sue tute erano piene di amianto. Protezioni? Ma quali protezioni...» Non aveva avuto problemi, ma qualcosa covava dentro di lui. «A dicembre dello scorso anno aveva notato un certo gonfiore allo stomaco - continua - era andato a visitarsi. Il 21 gennaio si è sottoposto al primo intervento per togliere sei calcoli che gli davano fastidio. Facendo la gastroscopia si erano accorti di un polipo maligno; il primo marzo è iniziata la chemioterapia, era già in metastasi». Il male lo ha consumato in poche settimane: «Ha perso 45 chili in tre mesi, veniva nutrito solo coi flebo».  Avanti e indietro dall'ospedale, un calvario terminato il giorno di Pasqua: «Era nella lista degli esposti all'amianto: ogni anno veniva chiamato dallo Spisal per fare la tac». Prima di morire ha voluto fissare nella poesia i suoi sentimenti. «Saluto», si intitola così il suo commiato dall'esistenza: «Nell'azzurra mattina mi accoglie / il camposanto con ondate di fiori, / ondate di fiori che sono come occhi / che mi guardano dal mare del mistero».  

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