Morto a 17 anni sotto i ferri il pm chiede l’archiviazione

Cinque medici sono indagati di omicidio colposo per il decesso di Daniele Zanon Secondo Roberti l’intervento a dicembre 2018 era necessario e non più rinviabile 



Quell’intervento era necessario e non più rinviabile perché le due barre ortopediche inserite nell’addome del ragazzo, affetto da un’anomalia congenita detta del petto incavato, stavano comprimendo la respirazione anziché aumentare il volume della gabbia toracica. E la Tac – esame svolto prima dell’operazione – non aveva mostrato alcuna aderenza che si rivelerà fatale. Ecco i motivi che hanno convinto il pubblico ministero padovano Benedetto Roberti a chiedere l’archiviazione dell’inchiesta a carico dei 5 medici indagati per omicidio colposo in seguito alla morte di Daniele Zanon, lo studente 17enne di Taggì di Sopra (frazione di Villafranca), colpito da un’inarrestabile emorragia dopo quell’intervento. Si tratta del professor Piergiorgio Gamba, 65 anni, direttore della Chirurgia pediatrica alla guida dell’èquipe operatoria; del dirigente medico, chirurgo pediatra, Guendalina Mognato, 61; del professor Vladimiro Vida, 46 anni, vicedirettore della Cardiochirurgia pediatrica, e di due specializzandi, il dottor Filippo Ghidini, 30enne di San Giorgio di Mantova, e la collega Alessandra Rancan, 29 anni di Padova. La famiglia del ragazzo (tutelata dal penalista Ernesto De Toni) si è opposta: ora la parola passa al gip Claudio Marassi che dovrà decidere se mandare tutto in archivio o ordinare la prosecuzione dell’indagine.

L’esperto

La consulenza svolta per conto della procura porta la firma del professor Andrea Verzelletti dell’Istituto di medicina legale di Brescia. È stato lui a escludere negligenze o altre condotte colpose da parte dei medici che hanno avuto in cura (e hanno operato) lo sfortunato Daniele, studente del corso di Meccanica nel centro Enaip di Padova. Le barre erano state inserite il 6 luglio 2017, l’una in senso orizzontale, l’altra obliqua per tenere la cassa toracica in posizione corretta e consentire agli organi di trovare spazio; poi erano state riposizionate il 15 dicembre 2017. Ma una delle due si era sganciata e provocava forti dolori, tosse persistente e talvolta Daniele faticava a respirare.

operazione

Nel corso dell’operazione del 10 dicembre 2018 per la rimozione delle barre, queste ultime (a sorpresa) sono risultate “legate” ai polmoni tramite le cosiddette aderenze. Così sfilandole sarebbe stata provocata una lesione polmonare e la conseguente emorragia difficile da bloccare tanto che sono state impiegate ben 140 sacche di sangue in poche ore: 70 solo durante l’intervento nella Chirurgia pediatrica dell’Azienda ospedaliera, il resto dopo il trasferimento del paziente in condizioni disperate nella Rianimazione del Centro cardiochirurgico Gallucci. La morte era arrivata alle due di notte dell’11 dicembre. Secondo il super-esperto Verzelletti non ci sono responsabilità da parte dei medici. La Tac completa risultava negativa e non aveva rivelato alcuna aderenza che potesse suscitare preoccupazioni in vista dell’intervento ormai non più rinviabile perché la crescita stava complicando la situazione di Daniele.

L’inchiesta

La mattina dell’11 dicembre 2018 la famiglia ha presentato una denuncia, trasmettendo all’Azienda ospedaliera una diffida a non eseguire alcun esame in attesa della decisione della procura. Non è servito: qualche ora dopo il decesso è stata eseguita l’autopsia diagnostica, quella che d’ufficio può decidere l’ente per accertare le circostanze di un decesso.L’opposizione all’archiviazione firmata dall’avvocato De Toni si basa sul lavoro del medico legale Giovanni Ciraso. Il consulente della famiglia ha rilevato che, dall’intervento di applicazione delle barre, Daniele soffriva di una pericardite provocata dal loro mal posizionamento, pertanto avrebbero dovuto essere rimosse prima. Inoltre ci sarebbe stata una sottovalutazione della situazione clinica: tra il febbraio e il dicembre 2018, nonostante inequivoci segnali che il ragazzo si stava aggravando, nessuno dei medici che curava Daniele si è mai accorto di nulla. Il giorno dell’ultimo ricovero era stato detto a Daniele e ai genitori che l’intervento era una cosa da nulla. E lo studente era entrato in sala operatoria sorridendo e fiducioso di poter finalmente risolvere il suo problema. —



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