Padova, in bagno al bar solo con i documenti

Succede nel locale del capolinea del tram alla Guizza: polemica sulla decisione del gestore

PADOVA. Può un bagno di un locale pubblico essere gestito dal titolare come se fosse un luogo privato? Se una persona ha bisogno di utilizzare la toilette può usare i servizi igienici di un locale pubblico gratis o deve consumare?

La questione è ampiamente dibattuta e non stupisce più dover chiedere la chiave, consumare, oppure addirittura pagare un obolo per poter usare il bagno. Diverso è dover mostrare i documenti. Sia perché i baristi non sono pubblici ufficiali, sia perché non c’è alcuna ragionevolezza, come se chi ha documenti in tasca usa il bagno senza sporcare o distruggere quello che c’è. Eppure a Padova accade anche questo.

«Per le chiavi del bagno chiedere in bar, muniti di un documento», si legge infatti sulla porta del bagno del locale situato al capolinea sud del tram, alla Guizza. Il cartello scritto dal gestore è posizionato sulla porta della stanza che si trova nel corridoio interno dell’esercizio pubblico a sette metri dall’ingresso del bar.

Da circa due anni il titolare è Arturo Scattolin, uno dei più noti baristi della città, che, in via Aspetti 258, praticamente davanti al Bingo, all’Arcella, gestisce anche il locale pubblico Sottovento. Il bar in questione, in questo periodo, è aperto, dal lunedì al sabato, dalle 6.30 alle 19 e vi lavorano due ragazze (una al mattino e l’altra al pomeriggio), sono sempre gentili e garbate con tutti i clienti. Il bar funziona anche come rivendita dei biglietti per il tram e i bus urbani e suburbani di BusItalia ed è di proprietà di Aps Holding spa sin da quando sono stati costruiti, undici anni fa, gli uffici e il deposito dei tram. In pratica il gestore lo ha avuto in concessione dalla società partecipata del Comune di Padova, a cui paga l’affitto ogni mese. Ma è lecito pretendere la carta d’identità, il passaporto o, in alternativa per gli stranieri, il permesso di soggiorno per poter utilizzare la toilette?

«Secondo me è l’unico locale pubblico del Veneto dove ci vuole la carta d’identità per fare pipì» sottolinea Gabriele, un giovane, originario di Crotone che prende spesso il tram al capolinea sud. «Una cosa del genere è inaudita. Mi meraviglio come mai, sino a oggi, nessuno si sia ribellato». Del tutto diversa la versione fornita dai tanti autisti che vanno a bere il caffè da Scattolin. «Il gestore ha fatto bene» rispondono in coro.

«Ci sono troppi tossicodipendenti che vanno a drogarsi dentro i bagni dei bar e, poi, ci risulta che il barista sia arrivato a tale scelta perché più di un cliente si sia portato la chiave del bagno a casa». Sulla toilette utilizzabile solo con un documento anagrafico in mano si esprime volentieri anche il direttore dell’Appe. «A prima vista mi sembra veramente molto strana la decisione del barista» osserva Filippo Segato, «capisco che se più di un cliente si è tenuto la chiave è giusto correre ai ripari. D’altronde la decisione si inquadra all’interno del dibattito spesso vivace sui bagni nei locali pubblici. Ci sono diversi gestori che sostengono che le toilette dei bar non sono pubbliche. Altri che per il loro uso fanno pagare 0,50 centesimi o addirittura un euro. Altri lo riservano ai soli clienti con un codice a barra scritto sullo scontrino. Come sempre tuttavia, serve buon senso».

Riproduzione riservata © Il Mattino di Padova