Padova perde mille abitanti in un anno. «Pensiamo a creare la Città metropolitana»

PADOVA.
A luglio 2020 Padova aveva perso oltre 1000 abitanti rispetto allo stesso mese del 2019. Un effetto Covid che contribuisce a svotare le città spingendo la popolazione verso le periferie, ma che rischia di impoverire i centri urbani se non si riorganizzano spazi e servizi in ragione delle nuove esigenze.
I DATI
Secondo i numeri dell’ufficio demografico del Comune di Padova la città nel luglio del 2019 ospitava 211.827 residenti, 12 mesi dopo questo numero era calato a 210.773. Una flessione di oltre mille unità frutto dell’effetto combinato di una mortalità accresciuta e di un fenomeno migratorio che per il oltre il 40% riguarda lo spostamento delle famiglie residenti nei Comuni della prima e della seconda cintura urbana.
In termini di mortalità i dati di palazzo Moroni sono significativi: solo tra il 21 febbraio e il 28 di maggio scorso, i mesi più duri dell’emergenza sanitaria, i morti registrati su territorio erano 747, l’11% in più dello stesso periodo del 2019. Le percentuali hanno raggiunto picchi addirittura del +49 a cavallo tra marzo e aprile. E non c’è da stare troppo allegri neppure se si ragiona in termini di saldi tra nascite e decessi: già da tempo a Padova i morti sono più dei nati ma tra 2019 luglio (-660 persone) e 2020 luglio (-873) questo indicatore è cresciuto di oltre il +32% facendo dell’immigrazione in città (sia essa interna alla provincia o alla regione, comunitaria o extra) una necessità assoluta per riequilibrare le sorti demografiche del territorio comunale.
Nel contempo il fenomeno migratorio che interessa i padovani continua a crescere per lo meno dal 2014 e il Covid rischia di accelerarlo. A dirlo, oltre ai numeri dell’ufficio demografico di Palazzo Moroni aggiornati al 2019 (gli emigrati padovani erano 5.622 nel 2014 per diventare 6.696 l’anno scorso), sono le impressioni, ancora parziali ma significative, del mercato immobiliare.
«Da maggio a ora assistiamo a una modifica profonda delle richieste di una fascia importante della popolazione padovana» spiega Silvia Dell’Uomo, presidente degli agenti Immobiliari di Fimaa, «I nuclei familiari più grandi ma pure le coppie con un po’ di disponibilità economica preferiscono guardare a soluzioni più ampie, magari con giardino, anche se sono decentrate o fuori dai confini del Comune capoluogo. Un punto, quello dei confini comunali, che non visto come un problema insormontabile vista la contiguità spesso davvero diretta tra i comuni della prima cintura e il capoluogo. La voglia di comodità abitativa e di un fazzoletto di terra di proprietà, spinge di fatto una parte della popolazione padovana fuori dai confini del Comune pure a fonte della rinuncia a qualche servizio».
I RISCHI
«Una città che si svuota è una città che si impoverisce» spiega Patrizio Bertin presidente dell’Ascom di Padova «e non solo nei valori al metro quadro dei suoi appartamenti: scompaiono i negozi, i servizi si riducono, le vie sono meno frequentate, più sporche e meno sicure. La vita, le opportunità culturali ed economiche, i posti di lavoro vengono meno a discapito dell’intero territorio. Ma i grandi fenomeni mondiali come quelli a cui assistiamo, in piccolo a Padova e in grande nelle metropoli globali come New York, non sono arrestabili. Bisogna farci i conti per potere garantire uno sviluppo armonico alle periferie ed ai centri storici e bisogna farlo con idee e servizi nuovi, agili e al passo con i tempi».
Pure se i commercianti continuano a spingere per una mobilità che non prescinda dal grande tema dei parcheggi per le auto, la visione diventa più ampia e guarda ad un sistema urbano che esula dai confini comunali e guarda ai flussi di utenti da e verso la città.
IDEA METROPOLITANA
«Chi grida alla catastrofe solo guardando ai dati del Comune sbaglia» spiega Paolo Gubitta, docente di Organizzazione aziendale all’Università di Padova. «La città ha, è vero, 210 mila abitanti ma i flussi di utenti che ogni giorno entrano ed escono dai suoi uffici, dalle sue scuole, dalla sua Università e così via sono di gran lunga superiori. Possiamo dire addirittura che tra le 9 e le 17 Padova ha una popolazione quasi doppia rispetto a quella su cui può contare durante la notte. Non si prende poi in considerazione che il Comune è in stretto contatto con una cintura urbana vicinissima e che conta su oltre 100 mila abitanti in più. Un residente d Albignasego non è forse padovano come uno della Guizza? e uno di Cadoneghe, di Tencarola, di Sarmeola e cosi via? ».
Il docente universitario e il presidente della categoria economica concordano su un fatto: servizi e progetti urbanistici per il futuro della città devono essere sviluppati al più presto, pensando a un’area più vasta di quella del Comune di Padova. «Dobbiamo pensare insieme alla città del 2030» ha detto i presidente dell’Ascom di Padova «sviluppando un progetto condiviso che garantisca mobilità e servizi a un tessuto urbanistico ed economico complesso e ben più vasto del solo capoluogo. Dobbiamo farlo subito, coinvolgendo i Comuni della cintura, Palazzo Moroni ma pure la Camera di Commercio, l’Università e la Provincia per garantire a Padova un futuro innovativo e un modello di sviluppo metropolitano integrato». —
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