Uomo sale su una gru e minaccia il suicidio: salvato dopo sette ore di mediazione

Martedì pomeriggio ad alta tensione a Padova, in via Cavazzana, angolo via Michele Sammicheli, nel cantiere della futura Residenza Morgagni. Protagonista Pashko Gjelaj, 67enne, cittadino albanese già condannato per l'omicidio della moglie perpetrato nel 2012

Alice Ferretti
L'uomo sulla gru
L'uomo sulla gru

È stato un pomeriggio ad alta tensione quello di martedì 13 maggio in via Cavazzana, all’angolo con via Michele Sammicheli. Alle 13.30, un uomo è salito in cima alla gru del cantiere della futura Residenza Morgagni, minacciando di togliersi la vita.

Solo sette ore dopo, alle 20.30, è stato convinto a scendere grazie al delicato intervento delle forze dell’ordine. La segnalazione è arrivata alla sala operativa della questura direttamente dall’uomo, Pashko Gjelaj, 67enne, cittadino albanese, già condannato per l’omicidio della moglie avvenuto nel 2012.

Si arrampica sulla gru e minaccia il suicidio: ecco il video

«Sono salito sulla gru di un cantiere. È vicino a una chiesa ma non è il Santo. Voglio parlare con qualcuno, altrimenti mi butto», avrebbe detto al telefono. L’uomo si trovava effettivamente su una gru alta circa 20 metri, in stato confusionale e di disperazione.

Sul posto sono accorsi due equipaggi della squadra volanti della questura, che hanno subito isolato l’area per garantire la sicurezza. Sono arrivate anche una ambulanza del Suem 118 e le squadre dei vigili del fuoco, attrezzate con materassi anticaduta, nel caso la situazione precipitasse.

È stato attivato il protocollo di emergenza previsto per casi simili. Fondamentale si è rivelato l’intervento del negoziatore della polizia, con il supporto delle squadre speciali UOPI, assistito dalle Unità Operative del Reparto Prevenzione Crimine.

Il contatto con Gjelaj, che appariva visibilmente confuso e fisicamente debilitato (aveva anche un catetere addosso) è stato faticoso. Le sue richieste erano frammentarie: chiedeva prima di parlare con le autorità, poi si dilungava su temi religiosi, infine pretendeva che venissero risolti alcuni problemi personali.

Sul posto è arrivato anche l’avvocato Aldo Pardo, che lo aveva assistito al processo del 2012: «Quando lo conobbi era una persona profondamente depressa, con un quadro di semi infermità mentale».

Intorno alle 19 il negoziatore è riuscito a salire sulla gru, assistito da altri due agenti, instaurando un dialogo prolungato con l’uomo. L’intervento, seguito attivamente anche dal questore Marco Odorisio, si è protratto fino alle 20.30, quando Gjelaj ha finalmente accettato di scendere. Dopo aver bevuto dell’acqua ha ringraziato i poliziotti, li ha abbracciati ed è salito in auto con il questore alla volta della Questura.

Pashko Gjelaj ha commesso un terribile delitto, ha ucciso la sua compagna, e dopo 12 anni di prigione trascorsi al Due Palazzi, da maggio 2024 vive in una struttura. I fatti risalgono a marzo 2012. È notte, e in centro a Noale avviene un efferato omicidio. Per gelosia – dirà la Corte d’Assise d’appello – Pashko uccide la moglie in strada con cinque coltellate, quindi la colpisce alla testa con un sasso. La donna, Hana, 46 anni, muore dissanguata in strada.

L’uomo ammette di avere perso il controllo e viene condannato a 14 anni di carcere anche per effetto di una perizia che lo valuta semi-infermo mentale.

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