«Padre Cortese ha assistito Luigi Pierobon negli ultimi istanti prima della sua morte»

la scoperta
Luigi Pierobon (22 anni) e altri nove partigiani il 17 agosto 1944 furono uccisi dai nazifascisti: tre impiccati (Flavio Busonera, Clemente Lampioni e Ettore Calderoni) nel centro di Padova (via S. Lucia) e sette all’interno della caserma nord di Chiesanuova.
A tutti è stato concesso un sacerdote per i conforti religiosi: tre benedettini per gli impiccati e altri sacerdoti per ciascuno dei sette. Dagli archivi risultano anche due frati del Santo: padre Fulgenzio Campello e padre Placido Cortese. Di quest’ultimo è giunta a buon punto la causa di beatificazione.
Una lettera inedita, scoperta nella raccolta personale del vescovo Antonio Vitale Bommarco, a conoscenza del vicepostulatore della causa di beatificazione padre Giorgio Laggioni, rivela che il padre Placido Cortese prestò il suo ministero a Luigi Pierobon, nipote dell’allora parroco di Santa Sofia in città. Ascoltò le sue ultime volontà, manoscritte su un cartoncino intestato al vescovo di Treviso monsignor Antonio Mantiero, in tasca al frate del Santo.
Le riportiamo per onorare la memoria di un “ribelle per amore”: «A mamma e papà nell’ultimo momento un bacio caro, tanto caro. Ho appena fatto la Santissima Comunione. Muoio tranquillo. Il Signore mi accolga fra i suoi in cielo. È l’unico augurio e più bello che mi faccio. Pregate per me. Saluto tutti i fratelli: Paolo, Giorgio, Fernanda, Giovanni, Alberto, Giuliana, Sandra. Lo zio d. Giovanni, tutti gli zii e zie. Un bacio a tutti. Il padre qui presente, che mi assiste, vi dirà i miei ultimi desideri. Un bacio caro. Luigi Pierobon».
Ecco gli ultimi desideri del condannato a morte: «L’orologio al fratello Alberto, le 5.000 lire circa, che aveva, in carità ai poveri, la corona del Rosario alla mamma. Essere sepolto a Cittadella, una semplice croce bianca».
Un manifesto clandestino, all’indomani del martirio di Luigi Pierobon suonava così: «Gli universitari di Padova sono in lutto. Luigi Pierobon, laureando in Lettere, è caduto il 17 agosto 1944, per sentenza arbitraria e coll’infame pretesto della rappresaglia, fra altre vittime, fucilato alla schiena, quasi traditore della patria. (…) La sentenza dei suoi carnefici lo colse inopinatamente, dopo due soli giorni di carcere e prima che nessuna colpa gli fosse contestata. (…) Ai suoi sgherri disse: «Siete servi venduti. Noi moriamo per l’Italia». Sotto la raffica del piombo conservò nella mano il rosario della sua mamma. (…) Universitari (…) voi sapete che nei secoli di nostra storia mai il tradimento dei carnefici poté prevalere sulla fedeltà dei martiri».
(frate del Santo)
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