Palestre e piscine, un terzo ha chiuso «Niente ristori e ben poca speranza»

I gestori degli impianti: «In tutta Europa c’è attenzione al benessere fisico, qui la politica ci ignora»

Elvira Scigliano / PADOVA

Le strutture sportive, in particolare piscine e palestre, continuano ad essere vittime sacrificali sull’altare dei Dpcm. Sono collegate direttamente agli assembramenti e “marchiate” dal pericolo di contagio. E proprio per questo stanno lentamente e inesorabilmente chiudendo. Un terzo delle piscine del Padovano avrebbe già deciso di non riaprire, ovvero una decina sulle 30 esistenti. Altrettanto può dirsi delle palestre: il 30% (su 70 strutture tra città e provincia) è destinato a chiudere sotto i colpi della crisi economica provocata dalla pandemia. A rimetterci gli imprenditori, che stanno facendo i salti mortali per salvare il salvabile; e i dipendenti, che rischiano di uscire drammaticamente dal mercato del lavoro.

lavoratori disperati

«La situazione è orribile», commenta lapidario Dimitri Barbiero, patron della maggior parte delle piscine cittadine (dal Plebiscito a Nuoto 2000). «Le realtà chiuse sono già incompatibili con tutti i decreti: alcune hanno una sola porta d’entrata e dunque non possono separare l’ingresso dall’uscita; altre hanno spogliatoi sottostimati. Noi stiamo lavorando quasi esclusivamente con tennis e padel all’aperto, un introito minimo che ci permette di andare avanti con tutte le utenze. Solo per il tennis abbiamo un più 20% di frequenza; mentre i campi di padel sono sempre pieni. Sono aumentati soprattutto i ragazzi, magari quelli che prima giocavano a calcetto. Ma resta una perdita secca del 90% per le piscine».

Le conseguenze sono tante. Una delle più gravi riguarda il personale: «I nostri operatori sono disperati – continua Barbiero – Si tratta per lo più di ragazzi giovanissimi, sotto i 30 anni, che hanno dedicato molti anni alla loro formazione». Per i gestori dei centri sportivi il governo ignora l’indotto salute legato allo sport: «Mentre nel resto d’Europa l’attività fisica è considerata attività medica o paramedica, da noi è considerata semplicemente un gioco – prosegue il gestore – Come se non combattesse la depressione, il sovrappeso, le patologie cardiache, l’artrite e così via. Come se non avesse un compito sociale. Per il nostro paese sono terapeutiche sono le acque termali».

L’unica eccezione si fa per gli agonisti: «Gli sportivi professionisti possono entrare in acqua – spiega Barbiero – e usare i campi da tennis al coperto». Tutti gli altri hanno trascorso gli allenamenti al freddo, bambini compresi. Tanto che il “Tennis club San Paolo” a gennaio aveva le liste d’attesa per la scuola tennis. Mentre il “Vertigo sport center” quest’anno per la prima volta ha introdotto il tennis accanto al calcetto. Qualche lezione è saltata causa gelo, ma mamme e papà resistono.

attrezzi fermi da mesi

La situazione delle palestre è altrettanto critica. Le grandi strutture tra città e provincia sono circa 70, di queste un 30% rischia di non riaprire alla fine della pandemia. Il dato è una stima di “Fit Italy”, l’organizzazione che tutela e rappresenta le società e le associazioni che promuovono il fitness in Italia. Le difficoltà insormontabili sono principalmente due: i danni economici e lo smarrimento dell’utenza. «Verosimilmente vedo due rischi: la chiusura nel nostro territorio di una ventina di palestre e i licenziamenti: a rischio il 50% dei contratti che, semplicemente, non saranno riconfermati – riferisce Sandro Cucuccio, referente Fitness Ascom, titolare di 3 palestre (a Padova, Piove di Sacco e Mestrino), 2 ambulatori medici e una piscina (Villa Ferri con annesso centro estetico) – Con me lavorano 120 persone, la parte sportiva ne occupa 90».

La polemica politica è inevitabile: «Per la politica, semplicemente, non esistiamo – scandisce Cucuccio – Tant’è che non abbiamo nemmeno un ministro dello sport e il sottosegretario dev’essere ancora nominato». Risultato? «Nel nostro mondo i ristori non sono ancora arrivati – sottolinea – Io aspetto i soldi di novembre, quando ho fatto la prima richiesta: 16 mila euro, una goccia nel mare se consideriamo che ho restituito 330 mila euro con i voucher. L’ex ministro aveva detto che ce li avrebbe restituiti, adesso non sappiamo cosa accadrà. Sono tra quelli che ritengono giuste le chiusure delle palestre perché dentro una palestra, al chiuso, l’effetto “droplet” è elevatissimo, ma così è uno stillicidio assicurato». —

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