«Papà picchia mamma, papà fatto casino»: caso Samira, in aula le parole della figlia

STANGHELLA.«Papà litigato con mamma. Botta testa. Cappello nell’acqua». Parole sconnesse, quasi senza senso, che però possono voler raccontare qualcosa di molto grande.
Sicuramente molto più grande di una bimba di appena 4 anni, che si trova a dover vivere all’improvviso lontana dalla mamma e al centro di una tormentata vicenda.
Sono le parole della figlia di Samira El Attar, la 43enne marocchina scomparsa il 21 ottobre 2019. A pronunciarle di riflesso, ieri in Tribunale a Rovigo, è stata una delle maestre della scuola dell’infanzia in cui la bimba era iscritta fino a qualche mese fa. Parole, queste, che potrebbero raccontare molto degli ultimi attimi di vita di Samira.
A Rovigo, in Corte d’Assise, si sta celebrando il processo per omicidio volontario e occultamento di cadavere ai danni di Mohamed Barbri, 41 anni. L’uomo è accusato di aver ucciso la moglie Samira. La donna manca dalla sua abitazione di Stanghella dal 21 ottobre 2019: dopo aver portato la figlioletta a scuola ed essersi intrattenuta con una vicina di casa, la donna è scomparsa assieme alla sua bicicletta. Barbri è l’unico indiziato. Tra i testimoni ascoltati ieri c’erano anche le maestre della materna “San Giovanni Bosco” frequentata dalla figlia di Samira e Mohamed.
La prima a parlare è D.M., 55 anni, insegnante dell’asilo: «Pochi giorni dopo la scomparsa di Samira ero in refettorio con alcuni bambini, compresa la figlia della donna. Una bimba mi stava raccontando che la mamma sarebbe ritornata a casa dall’ospedale dopo molti giorni. In quel momento, sentita la parola “mamma”, spontaneamente è intervenuta la figlia di Samira con queste parole: “Papà litigato con mamma. Botta testa. Cappello nell’acqua”».
Sono giorni in cui Mohamed è ancora un uomo libero, non è dipinto come il possibile omicida della donna e la tesi della morte violenta di Samira in un fiume o canale è molto debole: la piccola, insomma, non è suggestionata. Anche un’altra maestra, V.M., 55 anni, conferma: «Quando le colleghe hanno udito quelle parole in refettorio mi hanno portato la bimba.
L’ho accompagnata in bagno. Mi ha riferito che la mamma era al lavoro (la versione che si è scelto di raccontare alla bimba da parte dei famigliari più stretti, ndr). Sempre spontaneamente ha detto anche a me: “Papà picchia la mamma. Cappello buttato nell’acqua. Papà fatto casino”.
Si vedeva che stava dicendo qualcosa che la turbava molto». La bimba avrebbe inoltre parlato di «buco grande», indicando con la manina un qualcosa di simile a un buco grazie all’unione tra pollice e indice. Dopo un confronto tra colleghe, le parole della bimba sono state riferite a don Francesco, responsabile della materna, che ha invitato le stesse ad avvisare i carabinieri. E così è stato fatto. Non è peraltro escluso che proprio le parole della piccolina abbiano indirizzato le ricerche di Samira proprio verso corsi d’acqua e pozzi.
Tra i testimoni ieri c’era anche L.G., 63 anni, direttrice dell’ufficio postale di Solesino. In questo sportello sono depositati due libretti postali: quello intestato alla figlia di Samira e Mohamed e uno personale di Samira. Il primo serve a raccogliere l’indennità che la bimba percepisce in virtù di un problema di salute e vi può accedere solo Samira (al momento della firma per la gestione del conto, Mohamed non si era presentato): da un certo momento in poi, i versamenti smettono di arrivare su questo conto.
Nel maggio 2018 Samira apre un conto personale, probabilmente anche per garantirsi una riserva economica “segreta” viste le accuse mosse al marito di sperperare i soldi della famiglia, compresa la pensione della figlia, in gioco d’azzardo (slot machines) e alcol.
«Il giorno della scomparsa di Samira, il 21 ottobre 2019, nel conto della bimba ci sono 58 centesimi, nel conto della donna 2.175 euro. Il 15 ottobre, Samira ha versato nel conto 300 euro», ha confermato la direttrice. Una possibile lettura di questa doppia circostanza? Difficile che Samira sia scappata (ipotesi ancora aperta, in assenza di una salma): in tale caso avrebbe prelevato tutti i suoi averi e, soprattutto, difficilmente avrebbe versato una cifra importante una settimana prima.
Il processo continua il 23 aprile e in quell’occasione, dopo gli ultimi testimoni della pubblica accusa (ancora una decina), potrebbe essere ascoltato anche Barbri, ammesso che l’imputato accetti. Ieri il suo legale, l’avvocato Riziero Angeletti, non ha sciolto le riserve sulla deposizione del presunto omicida. Il 14 maggio toccherà invece ai testimoni della difesa e qui potrebbe arrivare più di qualche problema: molti infatti arrivano dal Marocco e le restrizioni legate al Covid potrebbero rendere difficoltoso l’arrivo e il monitoraggio sanitario degli stessi. —
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