Pasimeni, dai cattivi maestri in carcere alla scuola del boss della ’ndrangheta

Era “l’uomo di fiducia” del capo Mario Sergi e gestiva il traffico di cocaina importata a chili per 15-20 mila euro al mese



La “scuola” del carcere ha dato i suoi pessimi frutti. E così qualche cattivo maestro ha forgiato un “degno” allievo destinato a superarlo. Il maestro è l’italo-marocchino Yassine (detto Vincenzo) Lemfaddel, 32enne nato a Taurianova e trevigiano d’adozione; il discepolo, il 42enne padovano Paolo Pasimeni, l’assassino del padre-docente universitario che massacrò la sera dell’11 febbraio 2001. La convivenza dentro una prigione (il Due Palazzi) è bastata per coltivare l’amicizia tra i due che risulta in diverse conversazioni telefoniche intercettate nel corso dell’inchiesta padovana sull’omicidio del calabrese Francesco Mazzei, ucciso dall’imprenditore Benedetto Allia (figlio di un omicida) che accolse nel suo capannone di Bagnoli, con un fucile in mano, la vittima e il suo reale bersaglio, appunto Lemfaddel, sfuggito per miracolo alla morte. Quell’amicizia ha catapultato lo studente di Farmacia all’interno di quella che è considerata «l’organizzazione più pericolosa e strutturata a livello mondiale... la’ndrangheta, collocata anche a Bolzano» dove attualmente operano «le pericolosissime cosche Papalia-Barbaro-Italiano a controllare il traffico di droga» si legge nell’ordinanza firmata dal gip altoatesino Marco La Ganga su richiesta dei pm Sandro Raimondi e Davide Ognibene, titolari dell’inchiesta “Freeland” che ha portato all’arresto di venti persone. Tra loro, Lemfaddel e Pasimeni.

Il legame

Amici del cuore. E soci in affari, da tempo. Le loro conversazioni nel 2017 finiscono nelle carte dell’inchiesta del pm Maria D’Arpa sullo strano agguato di Bagnoli in pieno stile mafioso. È Lemfaddel il “gancio” tra Pasimeni e la’ndrangheta? È il sospetto degli inquirenti. La cosca “Papalia-Italiano” ha quartiere generale a Delianuova, città (calabrese) che ha dato i natali a Mario Sergi, il boss in terra altoatesina. La principale attività delle’ndrine “altoatesine” è il traffico di droga, oltre alla gestione di appalti e subappalti nel campo dell’edilizia. Ma a Bolzano si occupa anche dello smercio di armi e dell’illecita gestione di slot-machine taroccate. Il fondatore è Francesco Perre ma i manager “locali” sono il figlio Giuseppe Perre e Mario Sergi, diretto referente di Pasimeni.

Droga a chili

La cocaina viaggia a chili tra la Calabria e l’Alto Adige. E che c’entra Pasimeni? «Pasimeni è uomo di fiducia di Mario Sergi nella città di Padova» si legge nell’ordinanza, «Tra il 22 e il 28 agosto 2019 si trova in Calabria e lì si incontra con Forgione Antonino apparentato per parte di madre con i Violi (Vincenzo, Francesco e Rocco tutti con precedenti per associazione a delinquere di stampo mafioso)... A Padova Pasimeni incontro il boss Sergi il 15 settembre e la conversazione è intercettata: il padovano riferisce al secondo di aver preso contatti con Antonino Forgione, dopo che questi già si era recato da lui a Padova e da “Vincenzo” Lemfaddel (loro cliente trevigiano) a Treviso tra l’8 e il 16 luglio. Sergi chiede se dell’incontro e dell’inizio delle trattative siano stati informati anche Rocco e Carmine Violi. Pasimeni dà risposta negativa (uno è detenuto, l’altro si è appena sposato) e chiede a Sergi delle tempistiche di arrivo del narcotico e dello stato della trattativa. Quest’ultimo lo informa della consegna tra ottobre e novembre. Pasimeni tratta con il boss. E ne riceve pure confidenze. Nuovo incontro a Bolzano tra i due: il 19 ottobre Sergi racconta a Paolo delle alleanze che, grazie ai matrimoni, si sono andate formando tra le cosche di Sinopoli e di Delianuova. E «concorda con Pasimeni di affidare a Lemfaddel il compito di organizzare il trasporto della droga». Della data di arrivo, lo informa Pasimeni: risponde di ritenere che accada «la settimana prossima, massimo 10 giorni, precisando che “gli portano su l’altra (sostanza stupefacente)”. Sergi chiede di essere avvisato con un messaggio whatsapp» scrive il gip. Il padovano aggiunge che «(i suoi contatti) la hanno a 29 (mila euro al chilo, si parla di cocaina». E spiega di aver avviato dei contatti direttamente con la Colombia e di avere «l’aggancio con “quelli che hanno in mano il porto di Gioia Tauro». I due parlano di sostanza stupefacente, del profitto da conseguire e del taglio. Parlano degli albanesi, di come la tagliano. Pasimeni dice che quelli bravi «da 1 ne fanno 1 e 200». E accennano a una consegna di cocaina da Sergi a Pasimeni». Insomma pur non “battezzato”, Pasimeni è «uomo di fiducia dell’organizzazione.. spacciatore al dettaglio sulla piazza patavina, funge da collegamento tra la’ndrina di Bolzano e le sue diramazioni in Veneto», si legge ancora nell’ordinanza «detiene le armi per conto della consorteria bolzanina e coadiuva Sergi nell’organizzazione del narcotraffico dalla Calabria verso il Nord».

Il 15 settembre a Padova il boss Sergi chiede a Pasimeni a proposito della cocaina «Avete clienti che la vendono o solo che fanno?». E Paolo: «La vendono e tutti che fumano... Facciamo 2-3 chili al mese noi... E rimangono 15-20 mila al mese che non è male... quindi arriviamo, al secondo terzo giro, a pagarla...». L’11 novembre la procura padovana sequestra a Pasimeni una Beretta e munizioni. Pasimeni non si scompone giustificandosi: quell’arma non è sua e lui nulla ne sa.

La consegna della coca preannunciata al boss ha solo un leggero ritardo: è Lemfaddel che va a prenderla a Firenze. La collaborazione tra Pasimeni e Sergi è solida. Del resto anche il 23 giugno 2019 i due facevano affari. Anzi, Pasimeni si vantava di comprare la coca a un prezzo più basso di quello pagato dal boss: «Io riesco a farla arrivare qua a 32 (mila euro al chilo)». –

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