Per “salvare” la Pacinotti pronti progetti esemplari

STANGA. Salvare la scuola media Pacinotti. La preside, Stefania Papparella, è determinata a moltiplicare i numeri e a mostrare le eccellenze di questa scuola media. Primo passo, partecipare ad un bando ministeriale da 46 milioni di euro. Siamo alla Stanga, un quartiere dalla storia difficile, dal passato fagocitato da via Anelli e dal presente nutrito di insicurezze: marginalizzazione, abbandono scolastico, povertà, affanni sociali. Il 75% degli iscritti sono figli di genitori stranieri e sono loro che tengono in piedi una scuola di 53 ragazzi (ovvero un corso completo, dalla prima alla terza media) che, tuttavia, non corrisponde ai numeri reali del quartiere: significa che alcune famiglie (quasi esclusivamente italiane) scelgono di non iscrivere i loro figli alla Pacinotti e cambiano addirittura quartiere.
«È necessario invertire la rotta», spiega la dirigente, «abbiamo gli strumenti per farlo. Prima di tutto l’entusiasmo dei docenti che vengono ogni giorno a lavoro innamorati della loro scuola. La Pacinotti fa i conti con diverse realtà: alcuni ragazzi, figli di genitori migranti tornano nei paesi d’origine; alcune famiglie italiane scelgono di portare i figli più vicino al lavoro che a casa, ma la nostra offerta didattica è eccellente e abbiamo anche qualche jolly in tasca, come un giardino unico in tutta la città».
Primo passo per rinascere le risorse. Il fondo ministeriale invita a presentare proposte di progetti “esemplari” per il contrasto della povertà educativa minorile. «Lavoriamo già a tutto campo», spiega Papparella, «dall’aiuto per il doposcuola all’integrazione, ma l’obiettivo è potenziare ognuna delle strategie messe in campo».
La scuola è già operosa con corsi di teatro, musica, danza araba, doposcuola, corsi di recupero, basket. «In questo modo riusciamo ad offrire ai ragazzi un calendario che copre tutta la settimana», riferisce la dirigente, «dando loro l’occasione di rimanere a scuola tutti i pomeriggi. Questo è molto importante perché si tratta di ragazzi ancora troppo piccoli per gestirsi completamente da soli, ma già abbastanza grandi da persuadere le famiglie (soprattutto quando in casa le difficoltà non mancano) a renderli del tutto autonomi».
L’anno scorso la scuola ha già impegnato 23 mila euro per percorsi di mediazione scolastica; facilitazione per i figli delle famiglie rom. «Una parte è arrivata dal Comune, un’altra dal bilancio della scuola», spiega Papparella. «Burocraticamente si chiamano “Bes”, ovvero bisogni educativi speciali, nulla a che fare con le disabilità certificate. Questi studenti hanno bisogno di piani di studio personalizzati e maggiori attenzioni e per fare tutto servono soldi».
Elvira Scigliano
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