Petrarca, il poeta che studiò giurisprudenza

Un convegno padovano su un aspetto poco conosciuto della sua formazione
Francesco Petrarca Per la prima volta lo studiano assieme letterati e giuristi
Francesco Petrarca Per la prima volta lo studiano assieme letterati e giuristi
Due giorni interamente dedicati a Francesco Petrarca, da un angolo visuale totalmente originale: il poeta e il diritto. Perché Petrarca seguì per lunghi anni studi giuridici. Il convegno internazionale, domani (Aula Magna, dalle 10.30) e venerdì (Archivio Antico, dalle 10) al Bo di Padova si allargherà ad una visione ampia del diritto nella prima metà del XIV secolo.  Francesco Petrarca (1304-1374) è stato il poeta e intellettuale italiano di gran lunga più influente nella storia culturale non solo del nostro paese, ma dell'Europa intera: creatore della "lingua" usata da gran parte della nostra lirica sin dentro l'Ottocento (e molto letto e imitato anche al di fuori della Penisola, tanto che si può parlare di un "petrarchismo francese", di un "petrarchismo spagnolo" e di un "petrarchismo inglese"); padre di quel movimento di riscoperta del mondo classico che va sotto il nome di Umanesimo. Il convegno «Petrarca e il diritto» intende affrontare un argomento finora singolarmente trascurato a proposito della formazione culturale del poeta. Francesco Petrarca, che di professionisti del diritto nella sua ascendenza era ben provvisto (notai erano stati il padre ser Petracco, il nonno ser Parenzo, e il bisnonno ser Garzo), su impulso del padre fu avviato a studi giuridici, dapprima a Montpellier tra il 1316 ed il 1320, e poi per circa sei anni, tra il 1320 e il 1326, a Bologna, dove ebbe a frequentare i corsi di diritto, soprattutto canonico. Ma, poco incline a quegli studi, finì col trascurarli e con l'abbandonare la prospettiva di un dottorato e di una carriera in quell'ambito. Seguì invece la sua prepotente vocazione di poeta e di storico, dietro alla imperiosa attrazione per l'antichità classica, dove cercava il senso e le ragioni della vita umana prima ancora di misurarsi a fondo con la parola dei Padri della Chiesa e della Bibbia. La sua distanza da quei giovanili studi giuridici sembra più nettamente essere stata rimossa dal suo orizzonte di interessi e dalla continua ricerca sull'uomo e i suoi destini, che finì per modificare l'etichetta a lui cara, di historicus et poeta (come tale fu incoronato in Campidoglio nel 1341) in quella di philosophus et poeta, così come è definito, in tarda età, in un documento ufficiale veneziano. Ma è proprio così? Di quella prima formazione davvero non è rimasta poi traccia in chi tanti uomini di legge ebbe come amici? E' possibile che nel suo interesse già umanistico verso l'uomo, i princìpi del vivere civile così come stabiliti dalle leggi, rin- tracciabili nella storia non abbiano lasciato orma sui suoi scritti?

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