Poesie sugli alberi un inno all’amore

Piazza Garibaldi, Capitaniato e dei Signori trasformate dai versi di Leopardi alle rime baciate contro lo smog

«Quando passo davanti ad un mandorlo in fiore, mi levo il cappello».

L’ha detto il poeta Tonino Guerra. Tonino Guerra se n’è andato il giorno dell’equinozio di primavera, quando si compie sulla terra il miracolo del risveglio della natura.

Ieri, giornata mondiale della poesia, in piazza Garibaldi, sotto una nuvola di fiori immacolati che paiono usciti dall’incantato regno degli elfi di Tolkien, un gruppo di poeti - li immaginiamo giovani, sorridenti, magari innamorati – ha vergato su cartelli colorati piccole poesie, pensieri d’amore.

Ciò, dopo un inverno tempestoso, in una stagione occupata da un magma di scandali, violenze, iniquità che fanno vortice attorno al crescere della miseria, fa bene al cuore.

Sarà vero che il bello, l’amore, la poesia possono salvare il mondo?

Quella nuvola nera che sbuca sopra la tua testa si è già dissolta al calore del sole.

Hanno scritto: «Stamattina è nato un fiore sul mio balcone, aprendo la finestra mi è sbocciato il sorriso».

Nella piazze e nei giardini gli alberi hanno già indossato una leggera sottoveste di verde, un cespuglio fiorito ha acceso rossi incendi, proiettando fiamme floreali sulla strada.

Uno dei poeti delle piazze ha ricopiato in bella calligrafia «La donzelletta vien dalla campagna», inno leopardiano alla primavera che le maestre facevamo imparare a memoria a tutti agli alunni fino a qualche anno fa.

Non tutti siamo poeti, ma a tutti è permesso recitare una poesia e contemplare lo spettacolo della natura in fiore. «Senti come mi batte il tuo cuore», le parole balzano da un cartello rosso.

Un altro poeta: «Sul cinguettio aspro, stridulo, nascosto dal verde della chioma nuova, scrocchiano legni secchi».

Bello, futurista? In questo labirinto di colori freschi, appena pennellati, di profumi penetranti, qualcuno ha messo in moto la rosa dei venti: «Bora, scirocco, tramontana, libeccio, maestrale, cambia il vento, arriva Mary Poppins».

E via con la magia che fa rima con poesia: bibbidi, bobbidi, bù.

Questi minicomponimenti poetici, queste odi alla primavera son sparse anche in piazza dei Signori, appesi alla fontana e occhieggiano tra le sophore japoniche di piazza Capitaniato.

In un giardino scorgi un tappeto di viole, ai balconi le macchie rosse e violette dei gerani. Queste poesie, diciamolo, non sono un granché ma è il gesto che conta, è la voglia di vivere che esprimono, sono piccole luci che rischiarano un mondo grigio e cupo, animato da notizie assai feroci se non tragiche.

Due cartelli poetici sul ponte Borgomagno fan pensare alle margaritae in sterquilino, perle nel letamaio del traffico e dell’inquinamento.

Insomma, per una volta, pur nell’effimero di una giornata, questi sconosciuti poeti ci hanno regalato una musica nuova, ci hanno disintossicato dai fumi della politica, ci hanno regalato un parapioggia con cui ripararsi dalla paura del futuro.

Aldo Comello

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