«Poteva guarire e avere dei figli. Non mi ha mai espresso il suo no»

PADOVA. Il professor Giuseppe Basso, ex primario del reparto di Oncoemaologia pediatrica dell’ospedale di Padova, aveva parlato personalmente con Eleonora Bottaro, la diciassettenne di Bagnoli morta di leucemia il 29 agosto 2016 dopo aver rifiutato la chemioterapia. Le aveva spiegato a lungo la sua malattia e la cura che sarebbe stato necessario intraprendere. Confortandola sul fatto che avrebbe avuto ottime possibilità di guarigione se si fosse sottoposta alla chemioterapia. E invece la giovane, d’accordo con i suoi genitori, non ha mai voluto sottoporsi a un ciclo di cure tradizionali preferendo sottoporsi a cure alternative. Purtroppo però dopo 8 mesi dall’insorgere della malattia (i primi sintomi si erano manifestati a Natale del 2015), la diciassettenne è mancata.
Professor Basso, che cosa aveva Eleonora Bottaro?
«La malattia di cui era affetta la ragazza era la leucemia linfoblastica acuta».
Una malattia curabile?
«La leucemia linfoblastica nel bambino e nel giovane è uno dei più grandi successi della medicina a livello mondiale negli ultimi quarant’anni. Oggi chi viene colpito da questa patologia ha molte più possibilità di guarigione».
Oggi dunque si sopravvive?
«Siamo riusciti a guarire il 90% dei bambini che sono stati colpiti da questo tipo di leucemia. Il che vuol dire che questi bambini sono diventati grandi, si sono sposati, hanno messo al mondo figli, hanno fatto carriera al lavoro. Alcuni hanno addirittura corso la mezza maratona di Sant’Antonio domenica. Questo per dire che la guarigione da questo tumore è ad oggi una realtà e che la maggior parte di quelli che ci sono passati. Grazie alle cure ora hanno una vita normale».
Anche Eleonora, quindi, avrebbe potuto farcela se avesse accettato di sottoporsi alla chemioterapia?
«Questa ragazza aveva una malattia molto responsiva ai farmaci. Basti pensare che il solo cortisone era riuscito a tenerla a bada per sei mesi. Gliel’avevano somministrato noi quando era ricoverata a Oncoematologia pediatrica, l’aveva preso lei a casa, e gliel’avevano dato anche al Bellinzona, dov’era andata a curarsi l’ultimo periodo».
Il cortisone può essere una cura valida?
«Il cortisone da solo lascia sei mesi di sopravvivenza. Questo era quello che succedeva ad esempio tra gli anni ’60 e gli anni ’80. È ovvio che non basta. Eleonora si è curata come si curavano in quegli anni, quando si avevano bassissime possibilità di sopravvivenza. Se noi avessimo fatto a tutti i nostri pazienti quello che abbiamo fatto con Eleonora avremmo ottenuto lo 0% di sopravvivenza».
Lai aveva parlato personalmente con Eleonora?
«Sì, sono stato io a spiegarle tutto quello che c’era da sapere sulla sua malattia. Ricordo che le avevo parlato a lungo».
Ed Eleonora le ha mai manifestato la sua volontà di non sottoporsi alla chemioterapia?
«Mai. La non accettazione della terapia non l’ha mai espressa lei personalmente ma i genitori».
Dunque lei non ha mai sentito la ragazza dire direttamente che non voleva essere curata con il metodo tradizionale?
«Esatto. Lei a riguardo non mi ha mai detto nulla. Ripeto erano i genitori a parlare di questo argomento, ed erano anche le persone deputate a farlo visto che la figlia era ancora minorenne».
Le hanno per caso detto che la loro decisione era dovuta al fatto che la stessa Eleonora era contraria?
«Hanno sempre cercato di prendere tempo. Dicevano “aspettiamo un po’, adesso vediamo”. Temporeggiavano. E il tempo passava».
La variabile tempo che peso ha?
«Rilevante, per questo motivo dopo aver parlato della situazione all’interno dell’ospedale ho chiesto al tribunale di Venezia di intervenire. La ragazza era ancora minorenne e i genitori sembravano non volerla curare. Bisognava fare qualcosa».
E poi cosa è accaduto?
«Una mattina si sono presentati in reparto i genitori di Eleonora con un avvocato e uno zio, che fatalità faceva il colonnello dei carabinieri. Hanno voluto firmare la richiesta di dimissioni volontarie e si sono portati via la figlia. Da quel momento in poi noi non abbiamo più potuto fare nulla. Da quel momento in poi Eleonora non è stata più una nostra paziente». —
Alice Ferretti
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