Processo per usura al boss palermitano

Rosario Lo Nardo, residente a Piazzola, davanti ai giudici il 17 maggio E' accusato di aver prestato denaro con interessi fino al 120 per cento
 
PIAZZOLA.
Si è conclusa con tre patteggiamenti e un rinvio a giudizio l'inchiesta sul giro di usura che ha per protagonista Rosario Lo Nardo, settantunenne pregiudicato palermitano, finito a Piazzola sul Brenta negli anni '80 grazie al soggiorno obbligato, già trafficante di droga per conto del clan Fidanzati e di Totuccio Contorno, anello di collegamento tra la mafia e la mala del Brenta e amico di un altro mafioso trapiantato in Veneto, Antonino Duca. Ieri mattina, accogliendo la richiesta del pubblico ministero Sergio Dini, il gup Paola Cameran ha spedito a processo il boss davanti al tribunale di Padova fissando l'udienza per il prossimo 17 maggio. Lo Nardo è accusato di usura continuata nei confronti di sette persone nonché di concorso in estorsione (in un caso tentata) ai danni di altre due vittime.  Hanno chiuso il conto con la giustizia per concorso nell'estorsione - patteggiando due anni di carcere con la sospensione condizionale della pena - la figlia Caterina Lo Nardo, 49 anni, e il marito Francesco Todescato, 49, entrambi residenti a Galliera Veneta, e il fratello di lei Giovanni Battista Lo Nardo, 50 anni, residente a Castelfranco Veneto. A difendere gli imputati il penalista Riccardo Benvegnù e la sua collega Laura Salmaso.  È il 23 aprile dell'anno scorso quando Rosario Lo Nardo viene arrestato nella sua casa di Piazzola in via della Cooperazione 29: i carabinieri di Mestre arrivano sulle sue tracce attraverso un assegno di 7 mila euro, proveniente dalla rapina in una banca del Veneziano. Assegno che un giocatore del casinò Ca' Noghera era andato a cambiare da Lo Nardo, notato spesso in prossimità della casa da gioco. E nell'abitazione del palermitano viene scoperto un tesoretto: 350 mila euro tra preziosi, contanti e titoli nascosti nell'intercapedine di una porta e negli spazi ricavati dietro finte prese elettriche. Lo Nardo è accusato di aver prestato soldi a interessi usurari fino al 120 per cento a sei tra commercianti e imprenditori del Padovano, Veneziano e Portogruarese. Finisce in carcere, ma dopo qualche mese ottiene gli arresti domiciliari per motivi di salute. Gli affari, però, vanno seguiti. Così a riscuotere gli interessi usurai spedisce la figlia, il figlio e anche il genero tra il luglio e il novembre 2010. E i due «clienti» che ricevono la visita della «Lo Nardo family» non sono trattati con i guanti: se non avessero pagato, sarebbe arrivato direttamente papà Rosario con i suoi amici mafiosi.

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