Pronte a riaprire 15 mila aziende venete. I sindacati insorgono: va tutelata la salute

Cgil Cisl e Uil annunciano scioperi. L’appello di Ferrari: «Un errore forzare la mano, siamo ancora nel picco della pandemia»
La zona industriale di Marghera
La zona industriale di Marghera

VENEZIA. Tutti in fabbrica, si torna al lavoro. 15 mila aziende in Veneto, nel week end, hanno fatto l’appello per telefono ai loro dipendenti in Cig, perché oggi si presentino in reparto. I chimici e i metalmeccanici di Cgil Cisl e Uil minacciano scioperi immediati ma il muro del “lockdown” si è già infranto, in nome della “religione lavoro” più forte della paura del contagio Covid19.

Sono 1400 le proroghe accordate dal prefetto di Treviso, 130 su 3 mila le domande accolte a Padova mentre a Venezia, il prefetto Zappalorto ha inviato le richieste alla Camera di Commercio e alla Guardia di Finanza per i controlli di merito sui codici Ateco prima di rispondere ai quesiti degli imprenditori.

Se a Roma il premier Conte ha prorogato l’ordinanza fino al 13 aprile, in Veneto e in altre regioni d’Italia si registra la spinta a riaprire i battenti. Il blocco totale decretato il 22 marzo è durato appena una settimana, poi sono iniziate le spallate, con la modifica dei codici Ateco che si sono allargati a dismisura. La formula giuridica escogitata fa riferimento ai settori complementari a quelli fondamentali, che sono l’agroalimentare, la farmaceutica e la logistica.

Chi produce cellophane o carta per gli alimenti può riaprire i battenti, ma anche i banchi-frigo per la carne e le verdure rientrano nella filiera del “fondamentale– complementare”. Per non parlare della meccanica classica, che deve garantire i pezzi di ricambio sia alle aziende che lavorano, sia alla logistica del trasporto merci. Quando si ferma un tir o un furgone bisogna avere i pezzi di ricambio in magazzino per farlo ripartire, altrimenti chi consegna il latte, il pane e il formaggio ai supermercati? La questione è sul tavolo dei prefetti subissati di richieste: per evitare tempi biblici, vale il principio del silenzio-assenso. Si può lavorare fino a quando non verrà comunicato lo stop dalla Prefettura.

Che succederà lunedì mattina? Nessuno azzarda previsioni, la conta delle presenze e degli scioperi spontanei si farà a tarda sera, ma le polemiche infuriano. «Non voglio passare per un bastian contrario», dice Christian Ferrari, segretario regionale della Cgil, «ma al primo posto va messa la difesa della salute, senza la quale non si garantisce la continuità produttiva. Se non si può uscire da casa, non si può andare nemmeno in fabbrica. Non ho una posizione ideologica, la Cig pesa sulle buste paga dei lavoratori e lo spettro di una crisi prolungata nel tempo ci toglie il sonno di notte: senza lavoro c’è fame, miseria e povertà. Credo però sia assolutamente indispensabile uscire dal lockdown quando il picco dei contagi sarà azzerato. Ora mi sembra prematuro. I bollettini medici della Protezione civile documentano che il Veneto è ancora nel pieno della pandemia. Penso che Confindustria e le altre associazioni di categoria facciano bene a chiedere al governo una grande iniezione di liquidità per ripartire a maggio con più slancio di prima. Alle famiglie va assicurato il sostegno con le misure di protezione sociale previste nel decreto Cura Italia. Forzare il tempo per la riapertura mi sembra un errore, spiace ricordarlo ma se a Bergamo e a Brescia si fossero bloccate tutte le fabbriche a febbraio, probabilmente la pandemia avrebbe avuto un impatto meno devastante. È stato un errore non decretare la “zona rossa” nelle due province tra le più “metallurgiche” d’Italia e ora non vorrei che la fretta riservasse qualche brutta sorpresa. Hong Kong, Singapore e Whuan stanno a indicare purtroppo che la battaglia sarà lunga», spiega Ferrari.

A fare la voce grossa, dopo Fim-Fiom-Uilm, sono anche i tessili e i chimici che denunciano la volontà di molte aziende di riprendere produzioni il cui requisito di “essenzialità” è assai discutibile. Sono 70. 000 in Italia e 15. 000 in Veneto (oltre il 20% del nazionale) le richieste di deroga presentate alle prefetture. Michele Corso, Stefano Zanon e Giampietro Gregnanin invitano i prefetti del Veneto e la Finanza ad effettuate tutti i controlli prima di autorizzare il ritorno in fabbrica. –

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