Quando Fontana scoprì il genio giovane di Yves Klein

di Sileno Salvagnini
Milano, inizio gennaio 1957. Nella celebre via Brera, culla di grandi gallerie, durante gli anni Trenta, come la Bardi e il Milione, una nuova Galleria - era stata aperta infatti appena tre anni prima, nel settembre 1954 - la Apollinaire di Guido Le Noci, organizza la prima mostra in Italia di Yves Klein. A parte rarissime recensioni favorevoli come ad esempio quella di Dino Buzzati, la critica ignora o stronca il giovane artista francese. Che invece viene notato, spiegano Silvia Bignami e Giorgio Zanchetti, curatori della mostra Klein Fontana. Milano Parigi 1957 - 1962 (Milano, Museo del Novecento, catalogo Electa, fino al 22 marzo), da un grande artista oramai quasi sessantenne: Lucio Fontana. È lui infatti “…il primo acquirente di una delle proposte monocrome esposte dimostrando anche in questa occasione di essere soprattutto un maestro consapevole e sempre attento alle feconde esperienze delle nuove generazioni artistiche, dai più giovani spazialisti come Crippa, Dova e Peverelli, a Castellani, Manzoni, Dadamaino, Scheggi, Colombo e gli artisti delle nuove tendenze ottiche - cinetiche e psico - percettive internazionali, fino a Paolini e a Fabro”.
Benché avanti negli anni, e quindi di altra formazione, Fontana non esita a comprare - ed è il primo nel nostro Paese - un Monocromo blu del francese. È verosimilmente in quell’occasione che i due, Klein e Fontana, si incontrano per la prima volta.
Dalle nuove generazioni, gli Agnetti, Bonalumi, Castellani, Manzoni, come lo ricorda quest’ultimo nel primo numero della celebre rivista “Azimuth”, da lui fondata, Fontana viene riconosciuto come una sorta di caposcuola. Anche in terra di Francia tuttavia Fontana è noto, almeno a partire dalla metà degli anni Cinquanta, allorché Michel Tapié - il critico creatore della locuzione “art autre” - gli dedica degli articoli; anche se, per avere la sua prima mostra Oltralpe, se si eccettuano sporadiche partecipazioni con opere ceramiche nel 1937, il maestro italo-argentino dovrà attendere il 1959 con la mostra alla Galleria Stadler di Parigi.
Su cosa lavora Klein quando espone nel 1957 a Milano? Anzitutto, sui cosiddetti “monocromi”, iniziati proprio nel 1957 in occasione di una mostra dalla celebre galleria parigina di Iris Clert, nella la quale anni più tardi esporrà anche Fontana. Nulla meglio dell’allora giovane critico Pierre Restany può spiegare la specificità dell’azzurro di Klein, il quale nel 1957 lo avvicina al “Blu - Signore degli affreschi, padrone assoluto della più definitiva tra le frontiere liberate, il blu degli affreschi di Assisi di Giotto”.
Fontana invece nello stesso periodo lavora, dopo aver trattato i Concetti spaziali con foro, testimoni sia delle sue riflessioni sullo spazio della tela, sia, più in generale, della mitologia dello “spazio” profondo come si andava delineando in quegli anni, ai nuovi Concetti spaziali -Attese, contraddistinti da tagli.
In mostra sono presenti numerose opere di Klein, fra cui Monochrome bleu (1957), Globe térrestre bleu (1957), Anthropométrie de l’épque bleu (1960), Santa Rita da Cascia, ex voto (1961), Vénus Bleu 1962), Sculpture éponge bleu (1960). Fra quelle di Fontana, oltre alla celebre gouache Ambiente spaziale del 1949, numerosi Concetti spaziali degli anni Cinquanta e Sessanta.
Da segnalare, ancora, all’ultimo piano del Museo, il suggestivo Neon realizzato nel 1951 alla Triennale di Milano da Fontana, che sormonta un non meno affascinante Pigment pur di Klein, sorta di tappeto di pigmento blu.
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