Ristoranti e bar in crisi profonda In un anno persi quasi 400 milioni

In uno studio di Confesercenti costi e rimborsi dei locali E una conferma: il delivery ha aiutato relativamente

padova

Mesi di stop forzato per difenderci dall’emergenza sanitaria Covid-19 hanno segnato profondamente la ristorazione. I primi dati, parziali, della Camera di Commercio restituiscono una fotografia di grande crisi. Tutto il comparto, inserito nel registro di Unioncamere con la dicitura “attività dei servizi alloggio e ristorazione”, a gennaio del 2020 contava 5. 346 imprese, di cui 4. 605 attive 4. A dicembre dello stesso anno erano 77 unità in meno (-1, 4%) rispetto alle aziende registrate e 50 unità in meno (-1, 1%) rispetto a quelle attive. L’anno prima la flessione era stata dell’1, 3% per quelle registrate e dello 0, 9% per quelle attive.

Si tratta di risultati ancora incompleti e che – secondo le previsioni dei tecnici – sono dolorosamente destinati ad aumentare. Per avere un’idea più chiara delle vittime economiche della pandemia ci vorrà infatti marzo o aprile. Tuttavia si intuisce come la ristorazione sia tra le categorie più penalizzate. Secondo uno studio della Confesercenti infatti la ristorazione padovana (città e Provincia) ha già perso 216 milioni di euro (-27%) su un volume di affari di riferimento misurato in 800 milioni di euro; i bar hanno perso 168 milioni di euro (-28%) su un volume di affari di riferimento di 600 milioni di euro; e le pasticcerie e gelaterie hanno perso 10 milioni di euro (-10%) su un volume di affari di riferimento di 100 milioni di euro. Insomma il settore ha perso 393 milioni di euro, più del valore stimato che si fermava a 390 milioni. Confesercenti ha messo a confronto un ristorante del centro padovano, un bar della movida della provincia e un caffè di una zona lavorativa della città. Il ristorante (con 14 addetti compresi i titolari) aveva nel 2019 un volume di affari di 1. 178. 244 euro, nel 2020 invece il volume d’affari è stato di 702. 188 euro con un –40, 4%. Ma quello che colpisce è l’utile operativo: nel 2019 era di +75. 578, 18 euro che nel 2020 diventano –101. 486 euro.

Quali sono le voci che pesano di più? Al primo posto merci e personale: il ristorante ha speso 487. 688 euro per le merci e 358. 951 euro di personale nel 2019 e, rispettivamente, 339. 452 euro e 229. 715 euro nel 2020. Quanto ha ricevuto di contributi? 1. 299 euro d’indennità Inps; 10. 290 euro il primo ristoro; 20. 580 euro il secondo; in attesa del terzo e dell’incentivo filiera; infine 26. 950 euro di credito d’imposta affitto.

Il bar della provincia specializzato in movida (con otto addetti compresi i titolari) nel 2019 ha registrato volumi dei ricavi per 554. 861 euro, che si sono quasi dimezzati nel 2020 con 288. 823 (-47, 95%). Anche in questo caso le voci di spesa più pesanti sono le merci (242. 444 euro nel 2019 e 142. 998 l’anno dopo) e il personale (127. 511 euro nel 2019 e 67. 811 nel 2020). Quanto il Governo ha aiutato quest’attività? 1. 800 euro d’indennità Inps; 8. 631 euro il primo ristoro, 12. 947 euro il secondo, 8. 631 il terzo. Infine un bar di una delle zone lavorative della città (con 25 addetti compresi titolari), a fronte di un volume di affari di 171. 254 nel 2019 e 81. 729 nel 2020, ha perso il 52, 28% del fatturato. Le merci e il personale sono state le voci più pesanti: merci 61. 775 euro nel 2019 contro 39. 615 euro nel 2020 e personale 23. 150 euro nel’19 contro 9. 817 nel’20. Il locale ha ricevuto 1. 200 euro dall’Inps, 2. 191 euro il primo ristoro, 3. 287 euro il secondo e 2. 191 euro il terzo. In questo caso ci sono anche 2 mila euro di bonus centro storico e 2. 190 euro di credito di imposta locazione. Nemmeno il delivery (consegna a domicilio e asporto) ha potuto aiutare chef, pizzaioli, baristi e pasticceri. La lente d’ingrandimento sul codice Ateco 56. 10. 2, ovvero “ristorazione senza somministrazione o preparazione dei cibi da asporto”, mostra come su 43 attività, nel 2020 ben 27 hanno cessato di esistere con un saldo di –16 rispetto allo stesso anno.





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