Sandra Milo e Fellini l’amour fou con il genio

Per 17 anni un intreccio di sentimento e carnalità
Di Aldo Comello

di Aldo Comello

PADOVA

Musica circense come un tappeto rosso, quella di Nino Rota in cui la gioia è infoschita da un pulviscolo di malinconia. Poi, eccola, Sandrocchia, cover girl per Tempo e Settimo Giorno, eccola, sul set di 8 e ½, la faccia tagliata da una lama di luce, la bocca scarlatta divisa in due come una mela, lascia vedere, un unico occhio che brilla, profondissimo. Lei, Sandra Milo, al secolo Salvatrice Elena Greco, nata a Tunisi da padre siciliano, 1933. È sempre splendida, alta, fasciata da un abito color fucsia, al collo pietre verdi che sparluccicano come gemme. Al Pride Village in Fiera a Padova,nella serata dedicata al teatro, Sandra è affiancata dall’attore, regista teatrale, Pino Strabioli. Insieme realizzano una maieutica della memoria che porta a galla la storia di un amore incontenibile, quasi un incanto stregonesco, un sentimento divorante che per 17 anni tiene avvinti Sandra e Federico Fellini. Il duetto è originale per contrasto: Strabiolo ha una voce morbida e profonda, Sandra quando parla trafigge (all’inizio della sua carriera doveva essere doppiata, poi riuscì ad impostare anche la voce, ne fece un discreto strumento recitativo).

La Milo è già un’attrice affermata, grandi film, regista Rossellini, quando nel 1961 al festival di Venezia è interprete di “Vanina Vanini” (da un racconto di Stendhal in Cronache Italiane). Critiche aspre a Rossellini ma è soprattutto la Milo, a cui affibbiano il nickname di Canina Canini ad essere nell’occhio del tifone. Alla luce della storia si vedrà che questa aggressione mediatica non era meritata. «Decisi di lasciare il cinema – racconta Sandra – mi misi a dipingere, feci un po’ quello che fanno le donne deluse». Poi l’incontro. «Una sera d’estate, in una villa immersa nella pineta a Fregene, Ennio Flaiano mi presenta a Federico Fellini, l’imperatore di Cinecittà. Gli alberi screziavano di verde il cielo. Quando lo vidi, alto, i capelli neri, occhi che ti frugavano dentro l’anima, rimasi stregata. La sua voce era quella di uno gnomo dei boschi, malizioso, capriccioso, dominatore, come in un racconto di Angela Carter». Sandra resiste per un po’ alle lusinghe di una nuova scrittura, ma Federico va a casa sua (lei è sposata con il produttore Moris Ergas) e si trascina dietro tutta la troupe, scenografo e truccatore. «Sandra hai una chitarra?» «No, ho un gatto», «Bene facciamo il provino con il gatto». Sul set di 8 e ½ la accoglie Marcello Mastroianni: «Sandra ben tornata a casa, questa è la tua famiglia». Federico, voce fuori campo: «Con Marcello devi fare la faccia da porca». Quando Fellini entra nel suo camerino e la bacia, Sandra sviene. «Che stupida – mi dissi – ho perso il controllo di me stessa».

Strabioli come un cantastorie recita una poesia di Erri De Luca: «Accosta la sua fronte alla tua, ti tocca il naso con una tenerezza da canile, pieno d’amore». Come in un sogno: lui steso nudo sul letto, le chiede di essere baciato, lei avvicina la bocca al viso, lasciandogli cadere addosso una matassa di capelli biondi e lui che dice: «Non lì… lì». «Ero innamorata persa – ricorda Sandra – io spos. ata, lui sposato. Gli scrivevo quasi ogni giorno, valanghe di lettere, Lui a volte mi telefonava: «Ciao, bella culona, come sta il mio bel culo?». Fu una storia d’amore in cui la carnalità e il sentimento erano così strettamente intrecciati da essere inestricabili. E anche Federico, come riconobbe in un’intervista, non poteva più fare a meno di lei. Esce nel 1982, edito da Rizzoli, il libro di Sandra Milo “Ciao Federico”, un inno all’emozione amorosa che Fellini legge, che Giulietta Masina legge. Dal libro una commedia che però rimane nel cassetto, lo spettacolo di mercoledì in Fiera è un sommario di quest’opera, una rivisitazione. «Quando lo conobbi – confessa Sandra – ero giovane, avevo i sensi in fiamme e lui… lui era una forza della natura». E d’altra parte l’aneddotica di Fellini sulle donne era sterminata, una vitalità che lo fa assomigliare a don Giovanni o al Simenon di Maigret. «Ricordare Fellini oggi – dice Sandra – è mantenerlo vivo, lui, con le sue opere, con il suo genio, con il suo amore, ci ha instillato una scintilla di eternità».

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