Scontri con la polizia incastrati i violenti

Individuati i cinque manifestanti che aggredirono il capo della Mobile Scatta l’obbligo di dimora per quattro, uno è agli arresti ai domiciliari
Di Enrico Ferro
BARSOTTI - MANIFESTAZIONE CENTRI SOCIALI
BARSOTTI - MANIFESTAZIONE CENTRI SOCIALI

L’hanno colpito in cinque, prima con gli scudi e poi con i calci. Hanno infierito su di lui anche quando si trovava a terra, senza casco e senza occhiali. Eccoli i cinque manifestanti che il 14 novembre scorso hanno picchiato il capo della Squadra mobile Marco Calì e il collega Pasquale Scognamiglio. Il più giovane ha 19 anni, il più vecchio ne ha 29. Sono tutti militanti del centro sociale Pedro e del collettivo studentesco BiosLab, uniti nella nuova miscellanea antagonista battezzata “Padova città aperta”. Dopo due mesi di indagini ieri mattina gli uomini della Digos di Padova hanno notificato i provvedimenti ai diretti interessati.

Chi sono i cinque violenti

Per tutti le accuse sono di resistenza, violenza a pubblico ufficiale e lesioni in concorso.Christian Cescatti, 29 anni, originario di Bolzano, residente a Padova in via Premuda 18, militante del BiosLab, è finito agli arresti domiciliari in virtù dei precedenti penali specifici: alle spalle ha già una condanna di quattro anni per gli scontri in corso Buenos Aires a Milano. Luca Fertonani, 20 anni, residente a Brescia ma domiciliato a Padova in via Piave 4, attivo nel collettivo BiosLab, è colui che ha sferrato il calcio in faccia al funzionario della Questura: l’obbligo di dimora a Brescia lo obbliga a lasciare la nostra città per qualche anno. Obbligo di dimora anche per Federico Panzuto, 20 anni, residente a Padova in via Matera 6 e per Giorgio Capellazzo, 18 anni, originario di Monselice, entrambi pedrini “doc”. “Esilio” momentaneo da Padova anche per Luca Perissinotti, 26 anni, residente a Pordenone.

La ricostruzione del pestaggio

14 novembre 2014, anche Padova figura tra le 45 città in cui i movimenti antagonisti hanno deciso di portare in piazza il dissenso. Nel serpentone che blocca la città ci sono gli operai dell’Adl Cobas, della Fiom, i sindacati autonomi, gli studenti, i precari, gli attivisti per i diritti civili e gli esponenti dei centri sociali. È la prima uscita “ufficiale” del nuovo movimento nato in seguito alla fusione di centro sociale Pedro, BiosLab e collettivo politico Gramigna. La vecchia guardia è stata rottamata e in testa al corteo ci sono i giovani. Al termine del percorso concordato qualche giorno prima decidono di fare una deviazione in via Beato Pellegrino, dove c’è la sede del Pd. La polizia blocca l’accesso, i manifestanti serrano i ranghi e avanzano con gli scudi. Parte un lancio di sassi e fumogeni e inizia anche la prima carica da parte degli agenti della Celere. Il capo della Squadra mobile, Marco Calì, avanza per guidare il contingente ma viene colpito con un calcio al fianco da Luca Fertonani, subito dopo Christian Cescatti e Giorgio Cappellazzi lo percuotono con gli scudi. Calì, a quel punto, perde l’equilibrio e cade a terra, dove viene colpito con un calcio in testa da Luca Perissinotti. Gli cadono casco e occhiali e mentre si china a raccoglierli, si fanno avanti ancora Federico Panzuto e Fertonani con gli ultimi due calci. Nel tafferuglio nato subito dopo resta ferito anche un altro funzionario della Questura, Pasquale Scognamiglio e con lui altri quattro agenti della Celere.

Due mesi di indagini

Gli investigatori della polizia hanno prodotto un fascicolo ricco di immagini in cui si vedono tutte le fasi del pestaggio e degli scontri. Uno a uno hanno identificato tutti e cinque i responsabili di quell’azione violenta e anche le 29 persone che hanno creato disordini in piazza: tra questi c’è anche un esponente del Gramigna e uno stranieri aderente all’Adl Cobas. Dopo aver raccolto le prove sufficienti a loro carico, ieri mattina sono scattate le perquisizioni con le successive notifiche dei provvedimenti. In casa di Christian Cescatti i poliziotti, guidati dal vicequestore aggiunto Stefano Fonsi, hanno trovato un corpetto con le maglie in acciaio e numerosi fumogeni. Il corpetto serve ad annullare l’effetto delle coltellate o dei colpi di manganello. Nell’abitazione di Panzuto, invece, sono state trovate le fionde utilizzate nelle manifestazioni per lanciare pietre, biglie e altri oggetti. Cappellazzo aveva maschere antigas (contro i lacrimogeni) e nunchaku, un’arma tipica orientale. Tutto il materiale è stato sequestrato e ha finito per suffragare la tesi degli investigatori e della procura che inquadra i cinque giovani come veri e propri “professionisti” dei disordini di piazza.

e.ferro@mattinopadova.it

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