Sec Servizi trema 600 posti sul filo
PADOVA. Con l'eventuale acquisizione di Veneto Banca e Popolare di Vicenza da parte di altri istituti, in Sec Servizi ci sono circa seicento posti di lavoro a rischio. La società consortile per azioni con sede a Padova e di proprietà delle due Banche e di altri 15 soci, tra cui la Volksbank di Bolzano, CheBanca ecc, rischia un pesante ridimensionamento o la chiusura se dovesse avverarsi la previsione che i sindacati vedono probabile di un'acquisizione che ne renderebbe superflui i servizi di digitalizzazione e ICT che Sec fornisce ai propri azionisti. E in effetti degli oltre 130 milioni di euro di fatturato del 2014, circa 90 milioni di euro erano relativi ai servizi informatici forniti ai due istituti veneti, ora facile preda di gruppi bancari italiani o stranieri. «La direzione di Sec aveva annunciato già lo scorso settembre un piano industriale», spiega Giuliano Xausa, segretario nazionale della Fabi, il sindacato autonomo dei bancari, «ma ancora nulla si sa di quanto contenga. Anche se si dovesse verificare un'acquisizione di entrambi gli istituti passerebbero molti mesi, forse anche più di un anno ed oltre, prima che i sistemi informatici di Veneto Banca o Popolare di Vicenza vengano sostituiti da quelli dell'istituto entrante. Una possibilità più che concreta ma che prevede tempi non brevissimi». E i lavoratori di Sec - poco meno di 300 i dipendenti diretti e altrettanti quelli dell'indotto (tra servizi in appalto esterno, collaboratori ecc) - temono per l'assenza di un piano che dovrebbe, in poco tempo, trasformare la società consortile nata per lo sviluppo dei servizi informatici dei propri soci, in un'azienda attiva in un mercato dove quasi tutti i player hanno già strutture avanzate per la digitalizzazione. «Ora stiamo affrontando il problema dei circa 1.000 esuberi (550 di Popolare di Vicenza e 450 circa di Veneto Banca) già dichiarati dai due istituti», continua Xausa, «ma vorremmo al più presto avere notizie sul futuro di Sec e dei suoi 300 dipendenti diretti. Professionisti specializzati, con un'età media intorno ai 45 anni e con competenze che andrebbero forse perse per sempre. Quasi 600 famiglie, contando anche l'indotto, che perderebbero una fonte di sostentamento, con il conseguente impoverimento dell'intero tessuto economico anche del padovano». (r.s.)
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