Sembrano animalisti ma sono cacciatori E comandano da soli

Un trucco nelle candidature consegna gli Ambiti di caccia al controllo esclusivo delle associazioni venatorie
Di Cristiano Cadoni

In una mano la tessera di paladini dell’ambiente. Nell’altra, nascosta dietro la schiena, il fucile. Sono abili a mimetizzarsi, i cacciatori che la Provincia di Padova – non del tutto ignara, come minimo – ha nominato per tanti anni nei comitati direttivi degli Ambiti territoriali di caccia. Suggeriti da associazioni che praticano un ambientalismo sui generis, sono in realtà esponenti di spicco del mondo venatorio. Grazie al trucchetto, praticato per tanti anni e con tutti gli ultimi presidenti di palazzo Santo Stefano, cacciatori-doc sono arrivati a occupare indebitamente posti che dovrebbero essere riservati a esponenti di ben altro genere di sodalizi, un po’ più critici nei confronti della caccia. Se poi si aggiunge che, in tempi ancora più recenti, anche i commissari degli ambiti di caccia e i rappresentanti della Provincia nel direttivo degli stessi ambiti sono stati scelti da tesserati delle principali associazioni venatorie, si capisce come la gestione dei comprensori sia a tutti gli effetti monopolio dei cacciatori. In barba al mondo dell’ambientalismo e del protezionismo.

È una storia che merita di essere raccontata nei dettagli, quella che il Gruppo di Intervento Giuridico ha ricostruito partendo dal 2008, quando in Provincia c’era Vittorio Casarin, Forza Italia. A monte c’è una legge nazionale del 1992 (la 157) che stabilisce: “Le Regioni... ripartiscono il territorio agro-silvo-pastorale destinato alla caccia programmata... in ambiti territoriali di caccia, di dimensioni subprovinciali”. La Provincia, che fa le veci della Regione, nomina un organo direttivo per ciascun ambito territoriale di caccia scegliendo i rappresentanti fra le associazioni maggiormente riconosciute a livello nazionale o regionale. Il criterio di ripartizione dei posti nel direttivo è così stabilito: tre posti per i rappresentanti delle associazioni venatorie, tre per quelli delle associazioni professionali agricole, due per le associazioni di protezione ambientale e due per i rappresentanti della Provincia, che dovrebbero essere esperti in materia di programmazione faunistico-venatoria. Il direttivo di ogni Atc, di fatto, ha in mano il controllo della fauna selvatica nel suo territorio. Infatti “promuove e organizza le attività di ricognizione delle risorse ambientali e della consistenza faunistica, programma gli interventi per il miglioramento degli “habitat”, provvede all’attribuzione degli incentivi anche finanziari ai proprietari e ai conduttori dei fondi rustici per ricostituire una presenza faunistica ottimale; per le coltivazioni necessarie all’alimentazione naturale dei mammiferi e degli uccelli; per il ripristino di zone umide e fossati; per la differenziazione delle colture; per la messa a dimora di siepi e alberi adatti alla riproduzione della fauna selvatica; per la tutela dei nidi e dei nuovi nati, nonché dei riproduttori; per la tabellazione e la difesa preventiva delle coltivazioni”. Tra i poteri dei comitati direttivi degli Atc – attenzione – c’è anche quello di autorizzare i cacciatori a sconfinare, cioè ad entrare in ambiti di caccia diversi da quelli di “residenza”. Così gli Ambiti di caccia non sono più solo spazi fisici ma anche, in pratica, strutture associative.

E torniamo al caso della Provincia di Padova, dove gli ambiti territoriali di caccia sono cinque. La sproporzione con cui nascono, per “difetto” della legge, diventa ancora più squilibrata per effetto delle scelte dei presidenti. Casarin, il 12 febbraio 2008, nomina come esponenti del mondo ambientalista per l’Atc Pd3 Walter Bertan e Loris Scremin. Il primo è membro della giunta di Federcaccia Padova ed è presidente della sezione di Trebaseleghe dello stesso sodalizio. Il secondo è vice presidente della sezione di San Martino di Lupari dell’Associazione Cacciatori Veneti. Sempre il 12 febbraio del 2008, il “trucco” si replica nell'ambito Pd2 dove Casarin come ambientalisti Oscar Stella e Francesco Soffia. Stella è presidente di Federcaccia Padova, vice presidente di Federcaccia Veneto e ancora oggi esponente di spicco del mondo venatorio. Soffia è nella giunta di Federcaccia Padova. Cambiano i presidenti in Provincia, ma il peso dei cacciatori non si alleggerisce. Nel 2012, con Barbara Degani a guidare l’ente, nell’ambito di caccia Pd3 – dopo le dimissioni di Loris Scremin - viene nominato Ottorino Scquizzato, ex sindaco di Piombino Dese. Il suo nome è suggerito dall’associazione “Ambiente e/è vita” che ha sede a Roma ma che nel Veneto ha un suo rappresentante (Roberto Bosco) e partecipa a quasi tutte le kermesse venatorie dell’Associazione Cacciatori Veneti. Due anni dopo, a maggio del 2014, è invece il vice presidente della Provincia Mirko Patron a nominare, nell’Atc Pd1, un altro cacciatore per un posto riservato agli ambientalisti. Si tratta di Ervè Zanon (presidente di sezione della Federcaccia di Cadoneghe). E ancora Patron, quattro mesi dopo nomina come commissario per l’Ambito di caccia numero 5 Mario Bacchin, che è nell’organigramma di Federcaccia Padova, presidente di Federcaccia a Correzzola ed è stato anche in corsa per il riconoscimento di “Federcacciatore 2006”. Non sfugge al fascino delle doppiette anche l’ultimo presidente della Provincia. Enoch Soranzo, dovendo mettere mano all’Ambito Pd4 (Conselvano), nomina Leonardo Martinello, già deputato dell’Udc (nel 2006). Uno che a proposito della caccia in deroga si era espresso così: «Bisogna attivarsi perché già da domani i cacciatori riprendino (testuale) la caccia a storno, pispola, fringuello e peppola. L’Udc è pronto a sostenere qualsiasi provvedimento che dia certezze ai cacciatori sulla caccia in deroga».

Ma anche le poltrone riservate ai rappresentanti della Provincia sono state spesso appannaggio del mondo venatorio. Nel 2008 Casarin nomina Mariano Gomiero, revisore dei conti di Federcaccia Padova. E nel 2014 Patron, vice presidente della Provincia, sceglie Nevio Bison e Giorgio Bison. Il primo è presidente della sezione di Federcaccia a Grantorto. Il secondo presidente della Federazione italiana della caccia a Villafranca Padovana, membro dell’Unione cacciatori italiani migratoristi e presidente del Centro recupero della fauna selvatica “Il gheppio” di Villafranca, l'unico ancora esistente dopo la chiusura della Lipu, lasciata affondare senza finanziamenti.

Resta infine da svelare l’identità delle associazioni ambientaliste che traghettano i cacciatori dentro i comitati direttivi degli Atc. «Detto di Ambiente e/è vita, nella lista si trova anche Ekoclub International», fanno notare quelli del Gruppo di Intervento Giuridico. «Sono sodalizi riconosciuti dal ministero dell'Ambiente e dunque accreditati a tutti gli effetti. Ma che propongono “l’uomo al centro del sistema ambiente” che, per un ambientalista puro, è una contraddizione in termini. Sono associazioni costituite appositamente per sottrarre spazio alle vere associazioni ambientaliste, occupare posti di potere, entrare nelle commissioni, partecipare alle audizioni, intercettare fondi e finanziamenti». Più o meno come succede al Gheppio di Villafranca Padovana, centro gestito interamente da cacciatori ma formalmente da una Associazione ornitologica di volontariato. Come se proteggere l’avifauna fosse davvero il suo obiettivo.

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