Seviziava i figli, la moglie e il cane

PADOVA. Dovrà comparire davanti al gup Lara Fortuna il 19 aprile L.M., 39enne di origine sinti residente a Padova in un alloggio Ater con la moglie e i quattro figli nati tra il 1999 e il 2014: è accusato di maltrattamenti in famiglia (e anche verso il cagnolino di casa), sequestro di persona e violenza sessuale nei confronti di una figlia. Una famiglia bersaglio di violenze e sevizie quotidiane compiute solo per noia e per divertimento dall’uomo che, lo scorso dicembre, è tornato in carcere su richiesta del pm Roberto Piccione. Pm che si è opposto alla richiesta di giudizio abbreviato condizionato a una perizia psichiatrica proposto dal difensore (il penalista Riccardo Benvegnù).
L’inchiesta era scattata grazie a una segnalazione della figlia 16enne al Telefono Azzurro: la ragazzina aveva raccontato l’inferno vissuto con quel padre solo di nome e non di fatto, già arrestato per una serie di rapine. «Quando si faceva la doccia, ci costringeva ad asciugargli i piedi. Poi ci costringeva a picchiarci mentre lui guardava. Se fingevamo ? Erano cinghiate. Capitava che ci bruciasse con la fiammella dell’accendino sotto le ascelle. E se si svegliava nel cuore della notte, ci costringeva a fargli da mangiare. Più volte per diverse ore ha chiuso la mamma legata, e anche noi, dentro un armadio» aveva rammentato.
L.M.(che nei mesi precedenti era stato scarcerato e affidato ai Servizi sociali) obbligava i figli a stare per ore in ginocchio davanti a lui, chiamandoli «schiavi, p..., stupidi», a subire morsi al naso e alle braccia e a stare zitti quando lui, con una pinza, storceva loro il dito.
I ricordi sono agghiaccianti: «Un giorno ha legato mani e piedi nostra madre, l'ha torturata con un cacciavite e le ha passato sull pelle la fiamma dell'accendino». C’è di più. Quel papà “usava” il seno della figlia 12enne, costretta a stare a letto con lui, come un cuscino dove affondare la testa, toccandola, non esitando a infilare il collare del guinzaglio al cane e a impiccarlo al termosifone, poi a chiuderlo in un sacchetto e a metterlo in lavatrice. Alla fine, giù a ridere.
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