Si impiccò nel garage Verso il processo i medici e lo psicologo

La Procura di Rovigo ha chiuso le indagini dopo 5 anni In tre sono accusati di cooperazione in omicidio colposo

MERLARA

Due medici e uno psicologo accusati cooperazione in omicidio colposo per il suicidio di un paziente di 53 anni con gravi problemi psichiatrici. Secondo l’accusa i tre avrebbero omesso di attivare la rete di protezione per i casi di alto rischio di suicidio, in cui rientrava il paziente.



Nel febbraio del 2013 viene trovato impiccato nel garage della sua abitazione un 53enne di Merlara, da tempo seguito dai servizi psichiatrici. Sul posto intervengono i carabinieri e il medico: i primi accertano che si è trattato di suicidio e che non c’è stato il coinvolgimento di altre persone. Il medico constata il decesso per impiccamento. L’episodio, come sempre in questi casi, viene segnalato in Procura. Sembra tutto lineare e chiaro. Nessuna responsabilità di terzi, solo la disperazione di un uomo malato.



Il pm padovano propone l’archiviazione del caso ma la moglie del suicida si oppone. Per competenza territoriale il fascicolo passa in Procura a Rovigo: è qui che il pubblico ministero Maria Giulia Rizzo decide di andare a fondo e inizia ad acquisire informazioni sullo stato di salute della vittima, affidando anche una consulenza a un medico. In tre vengono iscritti nel registro degli indagati: i Chiara De Antoni, 45 anni, medico specializzato in psichiatria all’epoca in servizio nel Centro di Salute mentale di Montagnana, il medico di base in servizio a Merlara Salvatore Tambè e lo psicologo-psicoterapeuta Matteo Iotti. Tutti e tre i professionisti seguivano la vittima.



Il pm contesta alla psichiatra De Antoni di aver omesso di raccogliere in maniera completa l’anamnesi familiare del deceduto, di verificare periodicamente l’entità del rischio suicidario, di inquadrare dal punto di vista clinico in maniera precisa la patologia psichiatrica cui era affetto e di attivare la rete di protezione per i soggetti affetti da malattie mentali. Tambè, nella sua qualità di medico curante, è accusato di non essersi accertato delle concrete condizioni di salute del paziente e di non aver verificato l’entità del rischio che si togliesse la vita. Infine lo psicologo Iotti non avrebbe comunicato alla psichiatra e al medico di base la presenza nel paziente di un concreto rischio suicidario, non avrebbe attivato la procedura di ricovero in un Centro di salute mentale a fronte del riscontro di “un rischio elevato di suicidio per il soggetto” con aggravamento della sintomatologia depressiva nel mese di febbraio del 2013.



Il pubblico ministero si appresta a chiedere il rinvio a giudizio per i tre professionisti, accusati di omicidio colposo in cooperazione fra loro per non aver attivato le misure idonee a prevenire il rischio di atti autolesivi in violazione delle linee guida del settore. —





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