Smart working in Comune computer per 800 dipendenti

Metà dei dipendenti comunali lavoreranno in smart working. E d’altronde che «il futuro è smart» lo si sente ripetere da anni. Oggi però, in epoca di pandemia, quel futuro è diventato realtà soprattutto nel mondo del lavoro, dove si lavora da casa. A Palazzo Moroni non vogliono farsi trovare impreparati, tant’è che l’amministrazione ha autorizzato una spesa di circa mezzo milione di euro per acquistare ben 835 computer portatili e 800 cuffie da dare in dotazione ai dipendenti che non lavoreranno in sede. Un progetto che l’emergenza sanitaria ha velocizzato, e probabilmente anticipato di una decina di anni, già previsto però dalle norme nazionali.
il piano per il lavoro agile
Gli enti pubblici infatti, a prescindere dal Coronavirus, devono avere un piano di lavoro in grado di produrre risultati con il 30% dei lavoratori fuori dagli uffici. Oggi quello stesso piano per il lavoro agile ne richiede invece il 60%. Non significa che questa percentuale di dipendenti rimanga a casa 5 giorni su 7, ma che in base ai settori sui quali è possibile applicare lo smart working, bisogna mettere nelle condizioni i lavoratori di svolgere la propria mansione all’esterno 2 o 3 giorni a settimana. Ed è in quest’ottica che l’amministrazione ha acquistato quintali di materiale tecnologico, che sarà utile poi anche per sostituire quello obsoleto degli uffici, dai quali ci si potrà collegare senza cambiare stanze o edifici, evitando oggi gli assembramenti e domani spostamenti inutili. Si va quindi verso uno smartworking sempre più spinto anche per il post Covid. In attesa che l’incubo dell’emergenza sanitaria finisca, pubblico e privato stanno provando a disegnare da questa esperienza un modello lavorativo da trattenere anche nel “day-after”, che metta nel cuore del progetto la persona e la garanzia della produzione.
il patto con gli attori sociali
Il lavoro da casa quindi potrebbe diventare un prototipo da far avanzare al livello successivo, rendendolo stabile coinvolgendo non solo le amministrazioni, gli enti pubblici, ma anche i privati. Con questo obiettivo era nato il patto promosso dal Comune, sottoscritto da 16 attori sociali, e contenente i principi generali e specifici in tema di welfare territoriale e aziendale, oltre a dare indicazioni ben precise in tema di lavoro agile e lavoro flessibile. Assieme all’amministrazione c’è l’Università, e poi le associazioni di categoria, la Camera di Commercio, i sindacati e gli ordini professionali dei consulenti del lavoro e dei commercialisti.
Patto non condiviso da alcuni esponenti dell’opposizione, come il vicepresidente del consiglio comunale Ubaldo Lonardi, che aveva definito «privilegiati» i dipendenti comunali per il fatto che potessero lavorare da casa, paragonando il loro impegno a quello dei medici. «Sicuramente è il futuro, ma non dobbiamo dimenticare la socialità – spiega l’assessora alle Risorse umane, Francesca Benciolini – Ed è anche per questo che tutti i dipendenti comunali attualmente in lavoro agile non sono a casa tutti i giorni. Nella sua applicazione ordinaria lo smart working ha come obiettivo anche una migliore conciliazione tra i tempi lavoro e la vita familiare». —
LUCA PREZIUSI
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