Sull'incendio di Vidor l'ombra del racket dei rifiuti

VIDOR (TREVISO). Da lunedì il capannone della Vidori Servizi Ambientali Spa, in via Tittoni a Vidor, sarà posto sotto sequestro dall’autorità giudiziaria per accertare le cause del rogo.
Da lunedì, oltre quaranta dipendenti dell’azienda saranno senza lavoro. Bisogna aspettare che la società abbia le idee chiare sul da farsi per capire quali saranno le risorse a disposizione degli operai (dalla cassa integrazione, in caso di interruzione temporanea dell’attività, alla Naspi, nella peggiore delle prospettive).
Chiudere, oggi, è l’ipotesi più accreditata; riaprire concentrando l’attività sull’ala Ovest, quella meno toccata dall’incendio, è una possibilità; andare avanti con il progetto della nuova sede (a qualche centinaio di metri dall’attuale) un’utopia.
L’allarme chimico. Le rassicurazioni ufficiali sul fronte della salute pubblica arrivano con un sms alle 12.01, quando i Comuni di Pieve e Refrontolo annunciano l’«allarme rientrato» per i loro cittadini, che possono quindi aprire porte e finestre, uscire di casa senza problemi (il coprifuoco “suggerito” via megafono dai sindaci nelle ore dell’incendio aveva avuto una certa presa, venerdì sera strade e piazze del Quartier del Piave erano deserte), riprendere a consumare frutta e verdura dell’orto.
Il comunicato di rito, redatto da Usl2 e Arpav, arriva poco dopo mezzogiorno, comunque in anticipo rispetto alle impressioni dei residenti, che - in un’area piuttosto vasta, comprendente anche parte del Coneglianese - ieri mattina continuavano a lamentare l’acre odore di plastica bruciata sprigionato dal capannone di Vidor, alleviato solo in parte dal vento, con relative ansie per la pericolosità delle sostanze inalate.
Nessun problema, invece, nell’aria: stando ai dati ufficiali, nemmeno nelle ore centrali del rogo l’incubo diossina si è mai materializzato. Nonostante le fiamme abbiano divorato 500 tonnellate di rifiuti tra cui plastica, eternit, reagenti chimici.
Nell’analisi dell’Arpav è stata registrata la presenza di composti organici clorurati e altri composti idrocarburici, in quantità tuttavia limitate: «I campioni di aria, raccolti nel raggio di 500 metri, hanno messo in evidenza concentrazioni di tali prodotti in quantità non preoccupanti per la sanità pubblica».
L’ipotesi racket. Troppi indizi, troppe tessere di un mosaico già visto, troppi sospetti: l’incendio che divampa con la fabbrica vuota, i camion dati alle fiamme, altri rifiuti in fumo. Andrea Zanoni, consigliere regionale Pd, parlato di episodio gravissimo, con molte ombre da dipanare, collegato forse a «un disegno malavitoso e mafioso utile a condizionare l'intero settore».
I deputati Pd Alesandro Naccarato e Floriana Casellato domani presenteranno un’interrogazione al ministro dell’Interno per sollecitare indagini rapide al fine di individuare i responsabili del rogo di Vidor, considerato «segnali pericolosi di attività criminali».
«Vidori – dice Naccarato - è un’azienda nota, ha un volume d’affari rilevante nello stoccaggio dei pericolosi. Molti dei loro materiali venivano “inertizzati”: significa che diventavano poco o per niente infiammabili. Ecco perché propendo per il dolo. Gli esempi in questo senso non mancano. Mi riferisco alla lunga scia di incendi di aziende operanti nel ciclo dei rifiuti in Veneto. Dal 2011 questi episodi sono frequenti».
Cosa rimane della Vidori. Distrutti completamente i mezzi e i macchinari dell’ala Est, salva grazie al lavoro dei vigili del fuoco, e a una barriera fisica, l’ala Ovest, dove sono (ancora) conservate alcune sostanze reagenti all’acqua, sulle quali quindi i pompieri non sarebbero potuti intervenire.
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