Supermarket della droga Inflitti nove anni di carcere

Una ventina di chili di droga scoperti casualmente il giorno nell’operazione che ha smascherato la redditizia attività di spaccio tra Veneto e Lombardia capeggiata da Emanuele Lovato, 36enne titolare del bar Alexander in via San Francesco. Solo per questo più modesto capitolo criminale, ieri, hanno chiuso il conto con la giustizia oltre a Lovato, la compagna Marianna Zoia, 37, e il collaboratore di origine romena Raul Buta, 30, condannati al termine di un rito abbreviato. L’accusa? Detenzione ai fini di spaccio.
Le sanzioni
Sono stati inflitti 4 anni, 4 mesi e 60 mila euro di multa a Lovato (difensore l’avvocato Giorgio Pietramala); 3 anni e 40 mila euro di multa alla convivente Zoia (avvocato Marco Cinetto) e 2 anni, 4 mesi e 20 mila euro a Buta nei cui confronti è stata esclusa l’aggravante dell’ingente quantità (avvocati Leonardo Arnau e Sonia Della Greca).
Il blitz
Il pm Benedetto Roberti aveva sollecitato la condanna a 6 anni per Lovato, 3 anni e 4 mesi per gli altri due coimputati. Solo la coppia è in carcere (lui a Venezia, lei a Verona); Buta ha ottenuto gli arresti domiciliari a Vigonza nella casa della madre. È il 9 ottobre 2018. La Squadra mobile coordinata dal pm Roberti, fa irruzione nell’appartamento in via Belzoni 66 al Portello dove vive la coppia Lovato-Zoia e in una villa nel quartiere Sacra Famiglia in via Mentana 7/a dove per lo più dimora il braccio destro di Lovato, Buta. In mano l’ordinanza firmata dal gip Cristina Cavaggion che prevede l’arresto di ben nove persone, tutte legate al traffico in capo a Lovato, spacciatore di calibro ma anche investitore del guadagno illecito in moneta virtuale, bitcoin ed ethereum. In quel provvedimento restrittivo la storia dei loschi traffici che, almeno a partire dal 2016, hanno trasferito in ittà marijuana e hashish a chili ogni settimana. Durante le perquisizioni, doppia sorpresa. In via Belzoni vengono sequestrati 3 chili e 200 grammi tra hashish e marijuana; nella palazzina liberty, invece, oltre 14 chilogrammi di droga (sempre dei due tipi). Qui il il gran bazar dello stupefacente era custodito in un astuto nascondiglio: è stato necessario azionare il pomello di un attaccapanni, si è spostata una parete semovibile e, come d’incanto, girando la chiave in una serratura che era nascosta, è apparso il magazzino dello stupefacente sfuggito perfino al fiuto del cane antidroga. Prima di arrivare a quel deposito, gli agenti avevano abbattuto pareti in cartongesso e grattato ovunque alla ricerca di qualche doppiofondo. Del resto da mesi le telecamere installate in via Mentana riprendevano l’arrivo settimanale dei corrieri che scaricavano scatoloni di droga.
L’inchiesta madre
Per i fatti contestati nell’ordinanza di custodia cautelare eseguita nei confronti di Lovato, Zoia, Buta e altre 6 persone a ottobre (4 sono stati indagati in stato di libertà), è fissata l’udienza preliminare il 22 marzo: quel giorno il gup deciderà se spedire gli imputati a processo. —
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