TedX Padova abbatte i falsi miti

Scienza, body positivity, uguaglianza di genere e ambiente: undici voci hanno spinto a sfidare i preconcetti: tutte le videointerviste
Elvira Scigliano
Affollatissimo il Centro congressi per il TedX Padova, edizione numero 11
Affollatissimo il Centro congressi per il TedX Padova, edizione numero 11

Curiosità, ispirazione, azione. Serve curiosità per dare l’input giusto all’intelligenza, ma serve ispirazione perché l’intelligenza si declini in idee di valore e, infine, serve l’azione perché le idee diventino concrete. È partita da qui l’undicesima edizione di TedX Padova, al Centro congressi, con undici voci che si sono alternate sul palco perché il pubblico sfidasse i preconcetti, le leggende urbane e i bias che spesso guidano le nostre decisioni e le nostre visioni del mondo.

Le idee cambiano il mondo

«Le nostre convinzioni guidano le nostre azioni», il primo a salire sul palco è Alessandro Mora, autore e speaker internazionale, da trent’anni appassionato studioso della mente. «Eppure le nostre idee, da sole, per quanto straordinarie e rivoluzionarie, non bastano. Ci vengono in soccorso i miti: convinzioni collettive, certezze legate ad un’idea. Più sono radicate, più sono potenti. Ecco perché serve sfatare i falsi miti. Creano delle aspettative nella corteccia prefrontale, proprio dietro la nostra fronte, che possono attivare o inibire i nostri comportamenti. E valgono anche verso le altre persone: influenzano i nostri figli, gli studenti, le persone che lavorano con noi». Non c’è che una domanda che ogni persona dovrebbe porsi: «Quali sono le convinzioni che guidano la mia vita? Se non sono tutte utili, varrebbe la pena sfatarle» dice.

Un appuntamento cult

La conferenza-spettacolo è ormai un cult per i padovani, è il luogo d’incontro privilegiato per la condivisione di idee innovative, dove stimolare il potenziale umano della comunità. Mettendosi profondamente in gioco. Come ha fatto Ilaria Capponi, seconda speaker, modella e imprenditrice: «Dopo 17 anni di passerelle so che la body positivity è ancora un’utopica ipocrisia e il 95% delle modelle sulle passerelle del 2024, è sottopeso».

Ilaria si definisce una «superstite» delle luci e delle pailettes della moda. Secoli di pensiero filosofico – la perfezione non esiste, possiamo tendere ad essa anche tutta la vita, ma non la raggiungeremo – non sembrano aver insegnato molto se una giovane ex modella rivela: «Quella spasmodica ricerca della perfezione del peso, che rispondesse ai canoni della moda, mi ha condannata all’infelicità per anni. Oggi che, attraverso i social, siamo i modelli perfezionabili e perfezionati di noi stessi, tutti rischiamo questa condanna, ma soprattutto i ragazzi che si raccontano attraverso i filtri della narrazione online. Serve dar voce ai valori giusti: umiltà, dignità, onestà, gratitudine. Modelli che non si misurano con il centimetro che ho usato per anni per misurare il mio valore: di donna, madre, moglie e professionista, strozzando ogni opportunità».

Un calcio ai preconcetti

Dal palco del Centro congressi si sono capovolte le discussioni: Umberto Castiello, neuroscienziato, alla ricerca della “cognizione vegetale”, ha dimostrato l’intelligenza delle piante; il padovano Francesco Nori, direttore del laboratorio di robotica di Google DeepMind, ha messo in discussione la robotica, domandando al pubblico se i robot fossero forti e inarrestabili o empatici e vicini a noi: «Per anni mi sono chiesto se la tecnologia fosse buona o cattiva» rivela «l’Ai può interagire con noi in modo naturale, può apprendere, eppure non ho una risposta perché la verità è che dipende da noi».

La stessa sostanza dei sogni

Citando Shakespeare, Alfredo Giacon e Nicoletta Siviero hanno raccontato la loro storia trentennale per mare, dopo aver lasciato tutto inseguendo un sogno: «E se fossero i sogni la nostra ispirazione?», domandano, «non saremo noi a dirvi come vivere la vostra vita, ma non cascate nella trappola sociale che per realizzare i sogni servano tanti soldi. Noi, non possedendo nulla di quello che gli stereotipi dicono necessario – l’auto, la bicicletta – ci siamo sentiti padroni del vento».

Non serve vivere in mezzo all’oceano per cambiare. Basta stravolgere un assioma fin troppo attuale: la donna si prende cura della casa e dei bambini. Come ha fatto Diego Di Franco, stay-at-home dad per scelta: «Le donne reagiscono con “wow” o “azz”, a seconda della zona; gli uomini per lo più mi guardano come per dire “bravo” o “fess”. Perché nel nostro paese, certe cose sono scontate: la mamma si occupa delle creature, tanto che a me chiamano “mammo”. Invece la mia famiglia non è strana, è proprio come le altre. Quando non verremo più chiamati “mammi” saremo a buon punto. Quando una donna che lavora non sarà definita “in carriera” saremo a buon punto. Quando mamme e papà, uomini e donne, sapranno fare le stesse cose e non se ne parlerà più, allora avremo finito».

Sabato è stata una giornata ardita. Gli stereotipi sono stati buttati giù con caparbia determinazione: il politologo che studia i fenomeni migratori (Stefano Allievi), l’astrofisica e pilota dei record (Donatella Ricci), l’attrice e star del web da oltre un milione di follower (Ludovica Di Donato), la startupper Forbes Under 30 (Laura Sposato) e la giornalista che ribalta gli stereotipi sulla maternità e sulla famiglia (Simonetta Sciandivasci Montemurro).

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