Testamento Grappeggia il giudice sequestra l’eredità

Codevigo, aspra battaglia legale tra fratello e nipote di Benito, morto nel 2016 e Silvana Melato, beneficiaria di 7 milioni, sostenuta dalla sorella del mobiliere

Un’eredità milionaria. Un testamento olografo (scritto a mano) pubblicato in fotocopia perché l’originale (custodito dal notaio Lorenzo Todeschini Premuda) sarebbe introvabile e finito chissà dove. Una signora oggi ottantenne, Silvana Melato, decisa a incassare un “salvacondotto” economico così prezioso da garantirle serenità per il resto della vita grazie al legame con un facoltoso industriale originario del Piovese, Benito Jales Grappeggia, arrivato negli anni Ottanta a essere inserito nella graduatoria (al 18° posto) tra gli italiani più ricchi in base alla dichiarazione dei redditi, fondatore del marchio legato all’arredamento “Grappeggia Arredatutto” tra gli anni’60 e’90 leader nel settore in Italia strombazzato nelle tivù commerciali berlusconiane prima dell’avvento di Ikea.

A contendersi gran parte dei beni dell’imprenditore classe 1927, morto l’1 febbraio 2016, si fronteggiano da una parte il fratello Edgardo con il figlio Marco Edgardo e dall’altra Silvana Melato sostenuta dall’altra sorella del defunto, Paola Grappeggia, con figlia e nipotino.

Ma in realtà è madam Silvana che ha fatto l’asso pigliatutto: se il defunto Benito ha beneficiato i parenti con una mancia sui 450 mila euro complessivi – poco più di niente per lui che, per le spese urgenti, teneva in casa un po’ di contante, sui 150 mila euro – e quanto al fratello Edgardo avrebbe scritto nel singolare testamento fotocopia di lasciargli «tutti i milioni di euro che mi doveva e non mi ha mai dato», ben diverso trattamento è stato riservato alla “fidanzata”. Nel testamento (sempre in fotocopia), si legge: «... le lascio tutti i gioielli e i contanti che troverà depositati nelle banche e l’usufrutto di tutti i miei beni». Una bella sommetta che si aggirerebbe sui 7 milioni di euro tra case, preziosi, azioni e obbligazioni ha “benedetto” madam, né moglie né convivente, un’ex fiamma giovanile secondo un’autobiografia dell’industriale che, partito da maestro di provincia, s’era trasferito in Brianza per cercare una cattedra stabile e qui aveva costruito (con il fratello Edgardo) un piccolo impero trascorrendo una ricca, disinibita eppure riservata esistenza tra Milano e Montecarlo.

Ora la signora Melato è in trincea, opposta a gran parte della famiglia Grappeggia con la quale si contende la legittimità di quel testamento sul fronte civile. E un “bottino” che, sparito prima di un inventario dalle case del “fu Benito”, è stato al centro di una querelle penale finita in archivio.

La guerra fra eredi (veri o presunti) si combatte in tribunale, a colpi di carte bollate. Intanto ha segnato un punto fermo a favore di Edgardo e Marco Grappeggia (tutelati dal professor Giovanni Neri del foro di Roma) l’ordinanza del giudice civile che ha blindato almeno una parte del patrimonio conteso. Patrimonio posto sotto sequestro giudiziario e affidato a un custode giudiziale (il commercialista Alberto Breschigliaro).

Gli aspiranti eredi sono certi: è nullo quel testamento di quattro pagine in fotocopia pubblicato dal notaio Lorenzo Todeschini Premuda (pubblicatocon due codicilli integrativi originali). E qualche dubbio lo coltiverebbe pure il giudice che, in una delle ultime udienze nel settembre 2016, ha firmato un’ordinanza di sequestro (escluso di quanto indicato nei codicilli). «Non è da escludere allo stato la sussistenza di una concreta possibilità di accoglimento dell’azione di merito» si legge nell’atto del giudice, «essendo stato pubblicato un testamento non originale, bensì in copia e profilandosi per gli interessati la necessità di dimostrare in un giudizio di merito la corrispondenza del testamento pubblicato in copia a quello originale andato perduto». Ordinanza opportuna «tenuto conto dell’entità della massa ereditaria anche solo limitatamente ai beni immobili e alla presenza di beni mobili di valore allo stato non identificati e facilmente occultabili».

Ecco che vengono sequestrati gli immobili di Codevigo (la casa padronale in via Ca’di Mezzo 2, ultima residenza di Benito Grappeggia); l’appartamento nel cuore storico di Padova (in via Roma 30 dove risiede attualmente Silvana Melato); in provincia di Monza l’appartamento a Seregno in corso Matteotti 79/a e il capannone (affittato alla società Mercatone) a Cesano Maderno in via Viganò 93, compresi gli oggetti contenuti (eccetto una lista, indicata nell’integrazione testamentaria pubblicata in originale, come gioielli, oggetti di argenteria e di archeologia; azioni di Finmeccanica, di Assicurazioni Generali, Enel Finanze e buoni del Tesoro).

Si tornerà nell’arena (pardon davanti al giudice) il prossimo settembre. Sarà una nuova battaglia. Una delle ultime prima del verdetto finale.

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