Tre mesi fa il dramma nella caserma di Porto Viro

PORTO VIRO. 1 ottobre 2012, ore 15.30. L’appuntato dei carabinieri Renato Addario, 52 anni, spara a due mani con la Beretta d’ordinanza contro il suo diretto superiore Antonio Zingale, 49 anni, poi...
La stazione dei Carabinieri di Porto Viro dove si è consumata la tragedia..ANSA/ Michele Agostinis
La stazione dei Carabinieri di Porto Viro dove si è consumata la tragedia..ANSA/ Michele Agostinis

PORTO VIRO. 1 ottobre 2012, ore 15.30. L’appuntato dei carabinieri Renato Addario, 52 anni, spara a due mani con la Beretta d’ordinanza contro il suo diretto superiore Antonio Zingale, 49 anni, poi alla moglie di lui, Ginetta Giraldo, 51 anni, e infine gira l’arma contro se stesso per farla finita: tutto nel cortile della caserma di Porto Viro, tutto mirando alla testa.

Ginetta Giraldo stava nel suo giardino, sì perché la caserma di Porto Viro non ha niente di militare: sembra davvero la casa di una famigliola, al centro del paese, con i vasi di fiori, le tendine, lo stendibiancheria sul retro. Il marito, luogotenente Antonio Zingale, aveva appena asciugato la macchina, stava dando gli ultimi tocchi. Lui sì che davvero non si è accorto di morire e, se ne ha avuto il tempo, ha girato le spalle alla morte in un ultimo gesto di indifferenza nei confronti del suo inferiore.

Quando i pochi militari, presenti in quel momento, sono accorsi, sentendo i colpi di pistola, hanno trovato solo tre morti, la stessa scena che hanno visto i due figli di Zingale, Simone e Alice, 21 e 25 anni, usciti dall'appartamento al primo piano della caserma e finiti in ospedale sotto choc.

«Raptus omicida» è la formula usata nella versione ufficiale dell’Arma, una formula che non spiega un movente. Subito dopo la tragedia si è vociferato che tra Zingale e l’appuntato ci fosse un rancore insanabile. Addario era più vecchio di lui, da 8 anni al suo fianco nella gestione della sicurezza. Si è detto che Ginetta Zingale, amabile e generosa in paese, fosse in grado di suggerire al marito e determinarne le decisioni. Ma se un movente c’era, neppure Patrizia Trapella, legale rappresentante della vedova di Addario, Susy Bergamin, ha voluto ipotizzarlo subito dopo la tragedia. Gli inquirenti hanno aperto gli armadietti personali dei due carabinieri alla ricerca di indizi, hanno interrogato a lungo Susy Bergamin e al magistrato non risulta che fosse in atto un procedimento di trasferimento nei confronti di Addario È in corso l’inchiesta; «forniremo la massima collaborazione agli inquirenti per capire il motivo di quanto è accaduto ed accertare eventuali responsabilità», ha detto l’avvocato Trapella. Ma intanto Addario si è portato con lui nella tomba il perché del «raptus omicida».

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