Treviso non vuole il film sugli immigrati

Il «no» di Gobbo fa perdere settecentomila euro. Il sindaco: «la politica non c'entra»
Qui a fianco il regista Francesco Patierno Più a sinistra il protagonista Diego Abatantuono In basso il sindaco di Treviso Gian Paolo Gobbo
Qui a fianco il regista Francesco Patierno Più a sinistra il protagonista Diego Abatantuono In basso il sindaco di Treviso Gian Paolo Gobbo
 
TREVISO.
Il «no» del sindaco di Treviso Gian Paolo Gobbo costa, a spanne, tra settecentomila euro e un milione di euro. Che non arriveranno in città. Il «no» è quello sbattuto in faccia, a dieci giorni dall'inizio delle riprese, alla produzione del film Cose dell'altro mondo, diretto da Francesco Patierno. Un divieto a sbarcare in città con la troupe per girare gran parte della pellicola: sosta prevista sei settimane, una ciquantina di persone che avrebbero lavorato, e quindi abitato e consumato, a Treviso durante la lavorazione. Praticamente un voltafaccia, improvviso e devastante per la produzione, la Rodeo Drive, che in fretta e furia ha dovuto cercare altre location, buttare all'aria il lavoro già fatto a Treviso, e soprattutto annullare prenotazioni a raffica.  Basta un dato per cogliere la dimensione della perdita economica per tutta la città: l'Hotel Boscolo Maggior Consiglio, quello sul Terraglio, aveva prenotazioni per 2500 notti, l'equivalente di cinquanta persone per cinque settimane, mezzo hotel riempito. Sono rimaste le briciole, per qualche pernottamento che ancora si farà a Treviso, meno di due settimane. E i ristoranti? Erano già stati presi accordi con alcuni dei locali della città, colpo di spugna anche su quelli. E cancellati anche tutta una serie di servizi logistici di cui i cineasti avevano bisogno: dall'affitto di veicoli a quello di attrezzature tecniche. Ma perché il sindaco Gobbo non ha voluto il film?  Dice sostanzialmente: ho pensato alla città. Cioé ai disagi. «Ho visto le loro richieste: imponevano troppe chiusure di strade, troppo impegno da parte del personale dell'amministrazione, dei vigili urbani. E poi il toro in piazza...» Che toro? «Volevano portare un toro, libero, in piazza dei Signori: mi è sembrato troppo». Queste le motivazioni del no, chiuse da un lapidario «la politica non c'entra niente».  Opportuna specificazione, perché in realtà il sospetto, e i precedenti, c'erano tutti. Cose dell'altro mondo è una storia che parla di immigrati. O meglio, dove gli immigrati c'entrano. Il protagonista è Diego Abatantuono, che impersona Libero Golfetto, un imprenditore che dalla sua tv privata lancia appelli contro l'invasione degli extracomunitari. Dài e dài, come per miracolo il suo sogno si avvera: dalla sera alla mattina tutti gli immigrati spariscono. E cominciamo, appunto, cose dell'altro mondo.  Già in quel Libero Golfetto, imprenditore e proprietario di tv, Panto junior aveva intravvisto una possibile identificazione con la figura del padre, e gli si erano scoperti i nervi. Aveva minacciato querele ancora prima che fosse girato un metro di pellicola, aveva letto la sceneggiatura mantenendo tutti i suoi dubbi. Ma le assicurazioni di Francesco Patierno l'avevano calmato. In realtà il film non va in cerca della politica, della denuncia sociale: racconta una storia e cerca di divertire giocando con il paradosso.  Certo, i "si dice" non hanno giocato a suo favore. Eppure se ne parlava fin da aprile, a Treviso, e contatti c'erano stati con vari esponenti del Comune, tutti lieti di aprire le porte alla produzione, al regista, al cast, allo staff e ai soldini che tutti costoro portavano. Tanto che il lavoro preventivo di scelta delle location era stato tranquillamente fatto, così come il casting per le comparse: altri posti di lavoro persi improvvisamente dai trevigiani.  Ma, dice con una punta di amarezza il direttore dell'Hotel Maggior Consiglio, Mauro Camizzi, «non si tratta solo di un danno economico per molti operatori in città. Penso a due cose: quante volte, in quante riunioni all'Apt, in convegni e discussioni, si è parlato del rilancio del turismo nella Marca? Poi arriva un'occasione e la si rifiuta. Seconda cosa: Patierno e Abatantuono venivano a fare un film in cui Treviso sarebbe stata protagonista, l'immagine della città, e loro giurano che non avrebbe sfigurato, avrebbe girato per le quattrocento sale della distribuzione Medusa, poi sarebbe approdata in tv, e poi ancora e ancora in altre reti. Era uno spot lunghissimo che sarebbe servito anche al di là dell'immediata ricaduta economica».  La produzione non cerca polemiche, se ne va zitta zitta a Bassano, dove si fregano le mani e li aspettano con la banda. Alcune location in ambienti privati restano quelle di Treviso, le gireranno lì comunque. Magari portandosi dietro i panini da Bassano.

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