Uccise la moglie, va agli arresti domiciliari: l’ex medico Gian Luca Cappuzzo è malato
La misura alternativa concessa dal giudice di Sorveglianza. Il 50enne è stato condannato in via definitiva a 26 anni per l'uccisione della giovane moglie Elena Fioroni, uccisa con tre iniezioni di una sostanza letale

Padova 11 febbraio 2006 G.M. Fotografia ELENA FIORONI (PIEROBON) Fotografia ELENA FIORONI (PIEROBON)
PADOVA. Gian Luca Cappuzzo, 50 anni, è in detenzione domiciliare nella casa di una zia a Dolo, nel Veneziano, in via dei Frati: è uscito dal carcere Due Palazzi di Padova poco prima della vigilia di Natale. Il 29 aprile 2008 la Corte d’assise di Padova lo condannò a 26 anni per omicidio volontario aggravato dell’allora giovane moglie, pronuncia confermata in appello e in Cassazione.
Elena Fioroni aveva appena 31 anni quando fu aggredita e anestetizzata con etere e benzodiazepine dall’allora marito in via di separazione, poi infilata nella vasca da bagno accanto alla sua camera da letto per simulare un suicidio con i polsi tagliuzzati, prima di essere assassinata con tre iniezioni di etilcarbammato, sostanza cancerogena impiegata nella preparazione dei pesticidi
I figlioletti di 3 e 4 anni (il maggiore dormiva in camera di mamma) erano già stati «neutralizzati» con gocce di antidepressivi nel biberon. Era la sera dell’8 febbraio 2006 e all’epoca ancora non si parlava di femminicidio. Eppure quello che architettò nei minimi dettagli (e attuò) il dottor Gianluca Cappuzzo (nel frattempo radiato dall’Ordine dei medici) rientra oggi nell’infinito e tragico elenco delle donne massacrate dal compagno.
Il motivo del provvedimento firmato dal magistrato di Sorveglianza? Gravi problemi di salute: Cappuzzo è affetto da una patologia complessa e di particolare gravità definita – quanto alla sua gestione – incompatibile con il regime carcerario.
A presentare la richiesta il 9 dicembre scorso era stato il detenuto che beneficia da tempo del lavoro esterno e di permessi premio per seguire gli studi di Giurisprudenza nell’Università di Padova, giunti ormai al traguardo finale.
La richiesta puntava a ottenere il differimento dell’esecuzione della pena e, in via subordinata (cioè in caso di diniego), la detenzione domiciliare che, al contrario, è stata valutata come la misura più opportuna. Cappuzzo aveva allegato alcune note del medico del carcere: nel referto si indicava la grave patologia con la necessità di un trattamento terapeutico pre ed eventualmente post operatorio, definito incompatibile con la detenzione in carcere a causa dell’emergenza Covid e di terapie ed esami da svolgere in ospedale.
Oltre alla documentazione medica, il giudice ha tenuto conto della relazione degli operatori del carcere secondo la quale il comportamento del recluso è sempre stato corretto, privo di rilievi sul piano disciplinare.
Non a caso dal maggio 2016 usufruisce di permessi premio e dall’8 luglio 2018 è ammesso al lavoro esterno che potrà proseguire nella Cooperativa Solidalia di Vigonza. Escluso il pericolo di fuga.
Ovviamente rigide le regole che dovrà rispettare come mantenere stretti contatti con l’Uepe (Ufficio per l’esecuzione penale esterna), uscire di casa solo tra le 9 e le 11 o in altro orario per andare al lavoro o per visite mediche dopo aver informato i carabinieri. Vietato ogni contatto con l’esterno. E se sgarra, ci sarà il ritorno in carcere.
Intanto la libertà è un orizzonte sempre più vicino per Cappuzzo, dietro le sbarre dall’11 febbraio 2006: ha già totalizzato 990 giorni di liberazione anticipata (45 giorni ogni sei mesi di detenzione in caso di buona condotta) che hanno spostato l’asticella del “fine pena” al 13 dicembre 2025 (anziché al 2032). Se nei prossimi quattro anni godrà di altri 360 giorni di liberazione anticipata, la scarcerazione scatterà nel 2024, giusto il tempo per rifarsi (in parte) una vita. Una possibilità negata a Elena, assassinata all’alba della sua esistenza di donna e di mamma. —
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