Uccise l’amico dell’ex dipendente, chiesti 18 anni
BAGNOLI
Omicidio volontario e tentato omicidio aggravati dalla premeditazione. E, ancora, detenzione e porto illegale di un’arma oltreché ricettazione. Tutti reati per quali la prova della colpevolezza – confermata da una piena confessione dell’imputato – è indiscutibile. Ecco perché, a conclusione di un rito abbreviato che, per legge, prevede lo sconto di un terzo della pena, il pm Maria D’Arpa ha chiesto la condanna a 18 anni e, a pena espiata, la libertà vigilata per tre anni nei confronti di Benedetto Allia, il 29enne imprenditore di famiglia catanese con residenza a Bagnoli. Imprenditore, detenuto dal 23 settembre 2017 per l’assassinio di Francesco Mazzei, calabrese di 38 anni, una vita in Germania dove lavorava in un ristorante, e il ferimento del marocchino Yassine Lemfaddel, 30 anni, residente a Treviso noto come Vincenzo. La sentenza del gup Margherita Brunello è prevista il 12 novembre.
Ieri in aula il pm D’Arpa ha ricostruito l’aggressione. Anzi, l’agguato, a suo dire pieno di misteri e zone d’ombra, organizzato dal giovane Allia che, quella mattina del 23 settembre, manda via i pochi operai della sua azienda, la L.B. di via Sesta strada a Bagnoli. Poi, all’interno del capannone, si prepara a ricevere la visita di un ex dipendente, Lemfaddel. Sapeva che sarebbe arrivato in compagnia. E che non sarebbe stato un colloquio sereno. Secondo la versione dell’imputato e del ferito (Lemfaddel), erano in ballo il rinnovo del contratto di lavoro e una serie di mancati pagamenti da parte dell’imprenditore. «Vieni ti aspetto, ne parlerò con mio padre, poi ti dirò» aveva promesso al telefono Benedetto. Invece aveva preparato il fucile a canne mozze, risultato rubato nel 2015. Quando Lemfaddel scortato dall’amico calabrese (con figlio e parenti che vivono nel Veronese) entra, Allia esplode quattro colpi: uno uccide Mazzei mentre sta cercando di scappare; un altro ferisce Yassine Lemfaddel; il terzo s’infila su una porta e il quarto danneggia una parete. Lemfaddel, ferito, corre in cortile e sale nella sua auto fino a raggiungere una stazione di servizio dove chiederà aiuto.
Concordi le versioni dei protagonisti sulle ragioni di quell’esecuzione. Ma il pm non ci crede: c’è un altro movente, ha osservato. Un movente che l’inchiesta non è riuscita a decifrare e che potrebbe essere legata a loschi affari. Tant’è che aleggia un personaggio – un iraniano residente in Svezia – che aveva rapporti con tutti i protagonisti: aveva condiviso la cella con il padre dell’imputato (Salvatore Allia, dal 2003 in carcere per l’omicidio del pierre triestino Paolo Grubissa e libero da poco); aveva mantenuto rapporti con Lemfaddel e poche settimane prima del fatto aveva incontrato sul litorale laziale un fratello di Allia.
L’avvocato Fabio Crea (per il ferito) ha chiesto 250 mila euro di risarcimento, caldeggiando una pena più alta. Interverranno nella prossima udienza le altri parti civili: i legali Maurizio Milan e Giulia Tebaldi per la famiglia Mazzei ( 2 milioni di euro); l’avvocato Anastasia Righetti per il figlio della vittima (400 mila euro). —
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