Ucciso dalla peritonite, curato con l’antidolorifico

La cercavano per avere conferme dei sospetti sulla morte del detenuto Francesco Amoruso. E quando è stata rintracciata e convocata dagli investigatori, ha confermato: i sanitari le avevano indicato di somministrare al paziente del Buscopan. Lei è un’infermiera che, all’epoca dei fatti, lavorava nel carcere Due Palazzi di Padova (nella foto) dove Amoruso – 45enne originario di Crotone, una condanna definitiva da scontare fino al 15 luglio 2023 per rapina, omicidio e reati legati allo spaccio di droga – è stato rinchiuso fino al 7 marzo del 2014. Quel giorno il trasferimento urgente nel Pronto soccorso dell’Azienda ospedaliera padovana. Troppo tardi: è morto il 10 marzo tra dolori atroci in seguito a una peritonite stercoracea, una perforazione di un tratto dell'intestino con infiammazione del peritoneo (membrana che riveste gli organi addominali) e del passaggio retto-pelvico a causa di un'abnorme stasi di feci. Tutto ciò aveva provocato uno shock ipovolemico (una riduzione acuta della massa sanguigna circolante), con problemi renali e due arresti cardiaci. Eppure il Buscopan si impiega nel «trattamento sintomatico delle manifestazioni spastico-dolorose del tratto gastroenterico e genito-urinario»: in pratica si usa per alleviare i classici crampi allo stomaco dovuti ad iperacidità gastrica. L’infermiera ha ammesso: quell’antidolorifico era stato prescritto al recluso colpito da dolori lancinanti tanto da reclamare più volte una visita medica. E, in effetti, nell’arco di appena ventiquatt’ore, Amoruso era stato sottoposto a cinque visite dal personale sanitario dell'istituto. Visite che si erano concluse con la somministrazione di Buscopan, senza ritenere necessari altri approfondimenti diagnostici. Questi ultimi avrebbero imposto un immediato trasferimento in ospedale. Fu un errore quel mancato trasferimento: lo rileva un consulente tecnico nominato dal pubblico ministero Francesco Tonon che coordina l’inchiesta per omicidio colposo. Ma il magistrato vuole capire di più, in particolare se Amoruso pagò con la vita quel ricovero tardivo. Ecco perché ha sollecitato un’integrazione della consulenza tecnica.
Cristina Genesin
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