Un filologo detective scova il diario dell'amante veneziana
Ci si immagina la vita di un filologo china su pile di manoscritti appoggiati su una scrivania di legno scuro, illuminata dalla luce fioca di un abat-jour. Colpisce scoprire invece che la ricerca esiga a volte un fiuto da Sherlock Holmes e uno spirito avventuroso nel dipanare una matassa di filo, a dir poco spinato. Il carteggio tra Gabriele D'Annunzio e Maria Bellini Gritti, sposata Lombardi, resuscitato a Palazzo Da Mula dal ricercatore Filippo Caburlotto, ha una storia degna di Agatha Christie. Ma andiamo per ordine. Caburlotto ha già scritto tre libri sul Comandante e coordina l'Archivio d'Annunzio (www.archiviodannunzio.it), insomma uno che al Vittoriale è ormai di casa. Nonostante questo sa che buona parte della vita del Vate è ancora fuori dalle mura di Gardone Riviera. Inizia a ripercorrerne la storia tornando sui "luoghi del delitto" tra cui il teatro de Il fuoco, Venezia, dove il suo nome non si è ancora dimenticato. Parla con le persone e domanda fino a quando qualcuno (il nome è ancora un mistero) apre le ante di un armadio ed ecco riemergere il carteggio tra il Comandante, Maria Lombardi e il figlio Franco, in aggiunta a un diario intitolato Ariel Vero. Il tutto quasi senza date. «Per prima cosa - spiega Filippo Caburlotto - sono andato al cimitero di Salò per ricostruire le date. Poi ho guardato il numero di serie del diario, della Pigna: anni Sessanta. I fogli sono invece del Vittoriale, come dimostra la carta intestata. E' possibile che il carteggio sia avvenuto tra un piano e l'altro del complesso residenziale». Anche la signora "dannunziava" quindi, e pure il figlio Franco, deceduto a Venezia negli anni Novanta, il quale avrà sempre per il Comandante un'ammirazione adorante, tanto da firmarsi figlio del Vate. Non è un caso che nel Palazzo Da Mula sia ricostruita, su modello del Vittoriale, una Prioria, dove spicca una forte componente esoterica. D'Annunzio stesso si interessava di magia tanto che nel carteggio vengono evocati di continuo simboli e richiami all'occulto e pure la Lombardi non era da meno, come dimostrano alcune testimonianze che la descrivono come Liù la medium. La donna è soprannominata dal Vate Mariasca, fatto che in principio depista Caburlotto perché non c'è traccia di quel nome, ma solo di quello della moglie, Maria Hardouin, detta Mariosca. Fuochino... la soluzione è sotto agli occhi. E' proprio negli archivi del Vittoriale che il filologo, preso da un sesto senso, va a controllare per scoprire che tutto ciò che concerne Mariasca è infatti finito negli archivi della Mariosca. Elementare, Watson! Ricostruendo i tasselli viene alla luce una relazione duratura di grande affinità, fatto singolare per un uomo abituato a sedurre e abbandonare. Il diario Ariel Vero mette a dura prova la tenacia del ricercatore che si domanda dove inizia e dove finisce la realtà. In un passaggio viene, per esempio, raccontata la visita all'Abbazia di Maguzzano, sul Lago di Garda. Caburlotto prende e va, verificando di persona. Scopre che il poeta c'è stato, e anche quello che i frati dissero al suo arrivo: «C'est le diable!». In questo caso quindi la Mariasca riporta un avvenimento reale, cosa che non avviene quando invece descrive la morte del poeta, inserendosi come testimone. Chi c'era allora nella sala Zambracca dove d'Annunzio spirò il 10 marzo 1938? Caburlotto si ricorda di un'intervista televisiva rilasciata dall'unica testimone, la governante e confidente Aèlys Mazoyer, ma gli viene negato l'accesso alla fonte. Posseduto dal demone della ricerca il filologo si ricorda della pubblicazione dei diari della Mazoyer nella rivista "Carrefour", e li trova. «Sicuramente c'era un'amica della Lombardi, Luisa Baccari, ma lei penso di no. In Ariel Vero la Mariasca racconta la morte di d'Annunzio come quella di Filippo Arboreo, descritta dal Vate ne L'Innocente. Ancora una volta siamo di fronte a un intreccio tra realtà e finzione, tipicamente dannunziano». Il 25 maggio alle 18 al Centro Candiani l'autore presenta Gabriele D'Annunzio. Inediti 1922 - 1936, Olschki Editore: «D'Annunzio è un personaggio unico, a partire da come usa la lingua italiana. Non si può fare poesia senza confrontarsi con lui e per questo è contemporaneo».
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