«Un racconto fazioso» così l’Anpi boccia “Il segreto di Italia”

Stroncato il film di Antonello Belluco sull’eccidio di Codevigo «Approssimazione e scenari irreali: fascismo da operetta»
Di Elena Livieri

PADOVA. Brutto dal punto di vista estetico, approssimativo se non addirittura fazioso da quello storico: l’Anpi boccia su tutta la linea “Il segreto di Italia”, il film del regista padovano Antonello Belluco incentrato sull’eccidio di fascisti perpetrato da partigiani garibaldini e militari della Divisione Cremona a Codevigo, nella primavera del 1945. I vertici dell’Anpi hanno assistito l’altra sera alla prima del film e, a stretto giro, è arrivata la sonora bocciatura. «Esprimiamo tutta la nostra delusione e il nostro disappunto» dicono la presidente provinciale dell’Anpi Floriana Rizzetto e il coordinatore veneto Maurizio Angelini, «perché il film è confuso e contraddittorio nel rapporto fra passato e presente, fra rievocazione e attualità; l’interpretazione della maggioranza degli attori è approssimativa e dilettantesca; la ricostruzione degli ambienti rurali almeno improbabile». Non è sfuggito ai critici il coltivatore diretto di Codevigo che possiede una Balilla in tempo di guerra. Ma non è tutto: «Il dialetto veneto esibito da Romina Power e altri attori è una koinè inventata e talora ridicola; molti personaggi sono macchiette da compagnia dilettantistica e il paesaggio è ricostruito in maniera oleografica, con scivolate patetiche alla Mulino Bianco». Ma è sulla ricostruzione storica che l’Anpi cala la scure della critica più veemente: «Belluco presenta una Codevigo irreale: occupazione tedesca e collaborazionismo fascista dipinti come periodi di tutta tranquillità; episodi tragici anteriori all’eccidio, come l’assassinio a sangue freddo, da parte dei fascisti, del prigioniero neozelandese Thomas Gay, ridotto alla sua semplice consegna ai tedeschi; l’ assassinio di Vittorio Antonio Lorenzetto (il matto di paese nel film), benevolmente e non casualmente trasformato in una finta esecuzione».

Secondo Rizzetto e Angelini, Belluco avrebbe deliberatamente sfumato sull’origine ravennate della maggioranza dei fascisti uccisi a Codevigo. «Non abbiamo dubbio alcuno che la totalità dei morti di Codevigo, ravennati e locali, siano state vittime di una furia giustizialista sommaria, inaccettabile e barbara» riconoscono i rappresentanti dell’Anpi, «escludiamo però che tutte quelle vittime possano essere definite innocenti. Fra i ravennati vi erano molti fascisti che avevano comandato la repressione antipartigiana e condotto, a fianco dei nazisti, rappresaglie contro la popolazione e i più anziani, nei primi anni Venti, erano stati squadristi in prima fila nel reprimere il movimento dei braccianti e dei contadini».

Premesse, queste, che nella pellicola sono assenti, tanto che l’impressione dell’Anpi è che tutto, alla fine, si anneghi in una «melassa qualunquista in cui tutti sono uguali».

«L’eccidio di Codevigo è stato una grande ingiustizia e rappresenta una macchia nera per il movimento partigiano» dichiarano ancora gli esponenti dell’Anpi, «ma siamo profondamente delusi dell’ incapacità di un artista di rappresentare credibilmente il processo con cui si è arrivati a tanto odio: di ricostruire le violenze e le ingiustizie che hanno preceduto quell’esito funesto. Dissentiamo profondamente da Belluco, che rappresenta il fascismo come un regime innocuo e da operetta. Il fascismo fu un regime di oppressione, di aggressione e di violenza e scatenò una guerra civile crudele, di cui l’eccidio di Codevigo fu il tragico e ingiusto sanguinoso esito».

Il regista padovano replica con ironia: «Esprimo soddisfazione per le parole di condanna da parte dell’Anpi verso una pagina abominevole della storia italiana. L’eccidio è stato tenuto nascosto per circa settant’anni, dai banchi di scuola alle pubblicazioni accademiche. Di fronte a una verità storica celata che ho contribuito a svelare, non posso che essere orgoglioso. Del resto» conclude Belluco, «sto raccolgiendo anche critiche positive ed è giusto che ciascuno pensi e dica quel che crede».

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