Un testimone: «Così le ultime ore di vita di Domenico»

PADOVA. «L’ipotesi di un omicidio? Che qualcuno possa aver teso un tragico scherzo? Assolutamente no. È stata una nottata assurda nella quale Domenico Maurantonio ha fatto, inconsciamente, tutto da solo. La polizia ha pure sequestrato un fumetto realizzato poche ore prima dal ragazzo dove si nota una figura umana cancellata, sarà fatto analizzare da uno psicologo». Con la garanzia dell’anonimato un partecipante alla gita racconta come sono andati i fatti sabato e domenica scorsi, un viaggio tragico all’Expo culminato con la morte dello studente Domenico Maurantonio. La vera gita scolastica era avvenuta a novembre, 5 giorni tra Vienna, Mauthausen e Salisburgo, gli stessi 35 ragazzi di 5e e 5f con i medesimi insegnanti. Tutto era andato alla perfezione. Nessun problema. Poi c’era l’Expo e non si poteva non andare. Ecco allora tre prof che sacrificano la loro domenica e si parte. Da Padova, alle 7.30 di sabato mattina.
«La giornata è stata lunga e verso le 21.30 siamo tornati in albergo» inizia il racconto «L’appuntamento dopo una doccia era per le 22.30 nella hall. Qualcuno ha proposto di andare a Milano, ma non è stato possibile. Chi è stanco sale in camera e dorme, una ventina di studenti restano giù con gli insegnanti, tra chiacchiere e qualche partita di carte. Domenico scherza con i compagni, è normale. Alle 23 nella hall compare un ragazzo di un Pizza-express che consegna delle pizze e ai ragazzi viene voglia. Gli insegnanti acconsentono e dopo un quarto d’ora ne arrivano 14. Una se la mangia Domenico. All’una tutti a letto, l’allegra compagnia scompare e ognuno sale nella proprio stanza. Anzi non proprio. Nella stanza di Domenico, che dorme con altri 3 ragazzi, se ne aggiungono altri 5 per fare un po’ di caciara. Alle 5 alcuni ragazzi, c’è pure Domenico, sono ancora svegli e scendono nella hall. Si prende una boccata d’aria e qualcuno fuma una sigaretta, c’è pure il portiere di notte che fuma e conferma, ma soprattutto c’è una foto sul gruppo comune dei giovani su whatsapp che immortala l’ultima “fatica” della giornata. Alle 5,20 i quattro compagni si addormentano. Alle 6.30 il compagno di letto di Domenico si sveglia per pochi secondi e non lo vede a letto. Pensa che sia in bagno, non si preoccupa si gira dall’altra parte e torna a dormire. Sono voci false che il bagno fosse chiuso visto che non c’era nemmeno la serratura».
«È evidente che il ragazzo esce» aggiunge «Alle 7.30 suona la sveglia, i tre si alzano, vedono che gli occhiali di Domenico, sono sul tavolo, lì sotto le sue scarpe, il suo cellulare è in carica. Pensano che sia sceso e decidono di raggiungerlo in sala colazione. Ad un certo punto, alle 8.10 entrano in sala quattro poliziotti e chiedono degli insegnanti. “C’è stato un suicidio” dicono e fanno vedere la foto del volto insanguinato di un ragazzo. Un insegnante accusa un malore, un altro ipotizza si tratti di uno studente, ma poi si rende conto che non è possibile sia lui visto che stava facendo colazione 5 minuti prima. Tutti i compagni capiscono che un loro amico è morto. Scende il gelo. C’è chi piange, chi è incredulo. Prof e ragazzi si guardano, manca Domenico. È suo quel corpo raggomitolato a terra in quel punto dove il selciato scende di un piano sotto terra.
Dopo un’ora il medico legale nota una contusione sul braccio di Domenico, che potrebbe essere incompatibile con la caduta dal quinto piano. Ma c’è una foto di una compagna in mano agli inquirenti che mostra Domenico seduto a un tavolo e quella contusione c’era già: era stata scattata poche ore prima. I tre compagni di stanza vengono portati in questura e divisi già durante il viaggio. Vengono torchiati per sette ore singolarmente, prima con modi gentili, poi con più fermezza. Tutti raccontano la stessa versione. Nessuna goliardata, nessuno scherzo. Altri agenti perquisiscono la stanza dei ragazzi. Nel corridoio del quinto piano ci sono tre punti dove Domenico avrebbe defecato, vicino all’ascensore e in due punti del corridoio. I tre compagni in questura si sottopongono volontariamente al Dna, alle impronte digitali e al tampone orofaringeo. Non hanno la minima esitazione a farlo». I poliziotti prima di salutarli dicono loro: «Sappiate che se non ci avete detto la verità lo scopriremo, mentre se non avete nascosto nulla non avete di che temere».
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