Un volo lungo 100 anni Voltan, il pilota Rampante
Due guerre mondiali alle spalle, quattro lauree, imprenditore di successo e già presidente dell’Aeroclub Padova: «La vita va vissuta con ostinato puntiglio»

Un secolo splendidamente portato: Paolo Voltan, classe 1917, ha festeggiato sabato sera il suo centesimo compleanno, in compagnia di parenti e amici. Alle spalle ha due guerre mondiali e sul curriculum quattro lauree: una conseguita a Padova, in Statistica, una in Giurisprudenza a Firenze, una alla Sorbona di Parigi, in Architettura, e una in Ingegneria, a Ginevra. Negli anni della ricostruzione è diventato imprenditore, lanciandosi nel mondo delle costruzioni: ha lavorato in tutto il centro nord, e oggi continua a spostarsi, di tanto in tanto, per dare uno sguardo a quanto fatto. Ma la sua grande passione, l’unica che ha davvero attraversato una così lunga e piena esistenza, è quella per il volo. La stessa che lo portò a diventare aviatore durante la Seconda Guerra Mondiale (nel Quarto Stormo Francesco Baracca) e, poi, presidente dall’Aeroclub Padova. Fino a 80 anni, e anche oltre, ha continuato a guidare un elicotterino privato, che poi ha regalato al Museo del Volo di San Pelagio. «Ha smesso da poco» dicono gli amici. Ma in realtà, per quanto nella vita di un centenario sembrino poca cosa, sono già passati quasi vent’anni. Tra le sue tante imprese, Voltan ha anche pubblicato un libro: “Un pilota del Cavallino Rampante”, edito da La Galiverna Flaviana nel 1990. «Due furono gli eventi» scrive Voltan «che mi indussero a entrare in aeronautica e fare il pilota […]. Il primo, l’incidente di volo in cui incappò mio fratello Bruno durante il corso di Volo a Vela, frequentato a Poggiorenatico nel 1935. Il secondo, l’incidente mortale che colpì il mio fraterno amico Toni Mason a Ciriè (vicino Torino), appena nominato Sottotenente Pilota, nel 1935. Può apparire abbastanza strano che due eventi così negativi possano aver indotto me, persona dal carattere positivo e riflessivo, a prendere una decisione del genere. Ma occorre ritornare al clima che si respirava in Italia in quegli anni. Un clima di emulazione, di desiderio di primeggiare, di ostinato puntiglio per raggiungere certe posizioni». E a lui, quell’«ostinato puntiglio», non mancava . A decenni di distanza racconta ancora lucidamente del suo incontro con il Duca D’Aosta e con Enzo Ferrari, che dal Quarto Stormo mutuò il simbolo per le sue auto. Ma racconta anche dell’incontro con la madre a guerra finita, e del timore di lei, spaventata dal sospetto che potesse non essere tutto intero. Del suo passato da imprenditore, che pure è stato non meno glorioso della carriera militare, parla poco. La sua felicità autentica, fin quando ha potuto, era tutta sospesa a molti metri da terra: «ho guidato tutti i tipi di aerei: inglesi, tedeschi, tutti» racconta. E poi elenca con precisione i modelli, numeri e codici impossibili da ricordare per i non addetti ai lavori. Si è congedato con il grado di maggiore, e dell’esercito non ha più voluto saper nulla. Ha continuato a volare da civile, e ha guidato a lungo l’Aeroclub di Padova. Lui, che era nato in pieno centro, in piazzetta Pedrocchi, si è poi trasferito dalle parti dell’aeroporto, in via Sorio. E ha coltivato la sua passione finché ha potuto. Oggi non rinuncia ai viaggi, alla compagnia degli amici e dei numerosi nipotini. In estate si trasferisce a Bibione, e nonostante l’età è ancora perfettamente i grado di apprezzare il mare, la spiaggia, e anche un po’di sana baldoria serale. Al suo compleanno, sabato sera, erano una trentina: tutti al ristorante, per festeggiare un evento che ha davvero dell’eccezionale. Ha soffiato le candeline sull’enorme torta, su cui spiccava il numero cento. E forse ha espresso, una volta ancora, il suo desiderio più grande: «volare di nuovo, anche una volta sola».
Silvia Quaranta
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