Via a Flormart, ma è guerra delle fiere con Verona

Il vicesindaco all'attacco: "È assurdo il dumping selvaggio della Fiera scaligera ai danni della nostra. Vendono spazi sotto costo e clonano manifestazioni"
PD 22 Febbraio 2005 G.M...Palazzo Moroni,Ufficio dell'Assessore Ivo Rossi,Conferenza Stampa..(CARRAI). Palazzo Moroni,Ufficio dell_Assessore Ivo Rossi,Conferenza Stampa (CARRAI)
PD 22 Febbraio 2005 G.M...Palazzo Moroni,Ufficio dell'Assessore Ivo Rossi,Conferenza Stampa..(CARRAI). Palazzo Moroni,Ufficio dell_Assessore Ivo Rossi,Conferenza Stampa (CARRAI)

PADOVA. L’aveva detto in faccia a Flavio Tosi, sindaco di Verona: «È assurdo il dumping selvaggio della Fiera scaligera ai danni della nostra. Vendono spazi sotto costo, clonano manifestazioni, alimentano una concorrenza spietata».

Il vice sindaco Ivo Rossi lo ripete alla vigilia dell’inaugurazione del Flormart (vetrina internazionale del florovivaismo con un migliaio di aziende in 38 mila metri quadri, da oggi a sabato), fiore all’occhiello di via Tommaseo. «È la schizofrenia del Veneto che coltiva il nanismo campanilistico e non sa far sistema con una vera regìa politica. Siamo arrivati al paradosso che la Fiera di Verona, ente pubblico, cerca di “uccidere” Padova che ha privatizzato la Fiera da tempo».

Con il colosso di Pero-Rho a eclissare il Nord in attesa di Expo 2015, sembra profilarsi un’alleanza strategica fra Verona e Bologna. Nel mirino, in particolare la piccola fiera di Vicenza e i francesi di GL Events che detengono l’80% di PadovaFiere Spa.

Una vera e propria guerra senza quartiere: a Expobici, prima manifestazione italiana a due ruote sbocciata a Padova, c’è Verona che oppone una replica a prezzi stracciati per gli espositori. E ormai il “cartellone” scaligero sembra fotocopiare le esposizioni padovane: Abitare il tempo, Eica, Auto e moto d'epoca non fanno che raddoppiare i rischi in un mercato già contratto del 10-20%. A 80 chilometri di distanza, la Fiera dei lunghi coltelli è squadernata senza tanti complimenti.

Di qui l’appello di Rossi: «Non credo sia immaginabile proseguire con la vocazione a stritolare scientemente i confinanti. Capisco il libero mercato, tuttavia non è “drogando” l’offerta (sapendo che poi tocca agli enti pubblici chiudere i conti del bilancio) che si può far molta strada. Sarebbe utile che gli operatori delle due Fiere, almeno, si vedessero intorno allo stesso tavolo. Mi pare che Tosi abbia assunto un impegno in questo senso».

In teoria, i poli sarebbero compatibili. Verona con la vocazione all’eccellenza primaria (vino, agricoltura, cavalli più il marmo) e Padova con una tradizione modulata sulle “campionarie specializzate” e su tempo libero, hobby, expo di nicchia. Tanto più che - a distanza di oltre due lustri - il mega-progetto di VenetoCity non è ancora decollato. Sulla carta, evoca il massimo del «cannibalismo fieristico» che nel frattempo nutre la perversa simbiosi bulimica di Verona e Padova.

Ancora Ivo Rossi a immaginare l’alternativa possibile al bieco calcolo di giornata: «In assenza di un disegno della Regione, occorre rinforzare l’architettura che sorregge il territorio, l’economia e la società oltre l’imbuto della crisi. Stiamo lavorando ad una seria ipotesi di dar vita ad un’unica azienda di trasporto pubblico in Veneto. Ma anche sul bando che il Ministero dello Sviluppo Economico offre ai Comuni: Padova parteciperà con cinque progetti di respiro. E sul fronte smart city proprio il Nord Est può giocarsi le migliori carte in chiave europea».

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