Via alle vaccinazioni nel Padovano dal 15 febbraio. La convocazione arriverà via posta

PADOVA. Tenete d’occhio la cassetta della posta: è lì che arriverà la convocazione per il vaccino anti-Covid. Per i padovani nati nel 1941 già nei prossimi giorni perché, se tutto va bene, la profilassi di massa scatterà dal 15 febbraio.
Se tutto va bene vuol dire se saranno disponibili le dosi. È l’unica grande incognita perché per il resto tutto è apparecchiato: sei centri vaccinali in tutta la provincia euganea, il più grande in Fiera a Padova sviluppato su 4 mila metri quadri con 16 ambulatori, per una spesa totale di 425 mila euro.
Secondo il piano regionale si parte con i 7.500 anziani classe 1941, per proseguire poi con i 65.800 over 80, procedendo per ordine di nascita. L’Usl 6 Euganea prevede di vaccinare almeno 5 giorni alla settimana, dal lunedì al venerdì, dalle 8.30 alle 19. Il ritmo sarà di 3.500 persone al giorno (mille delle quali al centro in Fiera), con il supporto di circa 180 tra operatori sanitari e personale medico e infermieristico.
Più un centinaio di “steward” che arriveranno grazie a Croce rossa e Croce verde. L’idea, almeno per il primo periodo, è di utilizzare solo vaccini Pfizer. Ma attenzione: chi non si presenta rischia di perdere il diritto al vaccino.
Come detto, la convocazione arriverà direttamente a casa di ogni singolo cittadino. Sarà via lettera e qualche giorno prima dell’appuntamento arriverà anche un sms per ricordare l’appuntamento. Il calendario sarà anche pubblicato sul sito dell’Usl, in modo da raggiungere anche e soprattutto i familiari delle persone più anziane. «In base alla conferma della presenza valuteremo anche se fare delle chiamate telefoniche a casa», spiega Ivana Simoncello, responsabile del dipartimento di prevenzione. Ci sarà anche un call center: un numero di telefono da chiamare per cambiare la data dell’appuntamento, avere delucidazioni o qualsiasi tipo di informazione.
Difficili invece le vaccinazioni a domicilio: «Tutti coloro che sono trasportabili li porteremo ai centri vaccinali, magari con l’aiuto di Protezione civile e Croce Rossa – prosegue Simoncello – Questo perché abbiamo un vaccino che prevede la somministrazione in contemporanea di sei dosi. Per cui andare a domicilio vorrebbe dire rischiare di doverne buttare cinque».
Una volta che c’è l’appuntamento, circa 400 mila persone (quelle che abitano a Padova, nella cintura o nell’area Terme-Colli) dovranno presentarsi in Fiera, al padiglione 6. L’ingresso sarà da nord, dai cancelli di via Rismondo: il parcheggio sarà gratuito. Una volta entrati nel padiglione c’è un’area di registrazione informatica, poi il grande spazio è stato diviso in tre aree per differenziare l’attesa, con sedie distanziate un metro e mezzo l’una dall’altra. Gli steward accompagneranno le persone agli ambulatori.
Ogni ambulatorio avrà contemporaneamente una persona in attesa fuori, una nell’anticamera per l’anamnesi e un’altra nella stanza per il vaccino. Dopo l’iniezione si dovrà sostare nell’area di osservazione per 15 minuti. Prima di andar via però si riceverà anche un certificato con indicato il luogo, il giorno e la fascia oraria per la seconda dose. Ovviamente l’uscita è separata dall’ingresso per evitare assembramenti e incroci.
Il progetto è stato curato nei minimi dettagli da Enrico Martin, il direttore tecnico della Fiera, su indicazione del dg Luca Veronesi. Sono loro a fare da “ciceroni” nell’anteprima per la stampa. È stata creata un’area spogliatoi per il personale tecnico e un’area per i frigoriferi e la preparazione delle dosi, che non saranno mai conservate in Fiera. Ogni mattina, infatti, una “staffetta” partirà dall’ospedale diretta al padiglione 6 con i flaconi scongelati.
«È importante sottolineare che nulla dei vaccini resterà qui la sera: anche eventuali residui saranno distrutti o riportati in ospedale», spiega il direttore sanitario dell’Uls 6 Patrizia Benini. E nonostante questo il padiglione sarà comunque allarmato e sorvegliato.
Nel grande spazio resta un’area libera. Potrà diventare il nuovo punto tamponi se l’Usl deciderà di trasferire qui quello dell’Euganeo: «È una decisione che va valutata – osserva Benini – Dobbiamo impedire a tutti i costi che possibili malati che vengono a fare il tampone incrocino gli anziani che fanno il vaccino». —
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