Brunori Sas: «Basta con violenza e razzismo»

RONCADE. Brunori Sas, all’anagrafe Dario Brunori, venerdì al New Age di Roncade presenterà dal vivo il suo quarto album “A casa tutto bene”. Il cantautore calabrese, classe 1977, già vincitore di prestigiosi premi come il “Ciampi” e il “Tenco” con il suo nuovo album indaga nel profondo della nostra società alla ricerca delle ragioni della violenza e del razzismo, senza esimersi dal mettere in discussione se stesso.
Ha deciso di raccontare con amarezza come siamo diventati noi italiani?
«È un disco che nasce di fronte a una constatazione amara di quello che siamo diventati, una considerazione che ho integrato con uno sguardo proiettato dentro di me più che verso gli altri. Quando parlo del razzista con “L’uomo nero”, ad esempio, non mi limito a condannare il suo atteggiamento perché sarebbe stato troppo banale ma cerco di comprendere quanto di lui ci sia in me. Un altro tema importante del disco è la paura perché siamo tutti uomini spaventati, sia quelli che reputo della mia parte sia quelli che stanno dall’altra parte».
Il campionario di personaggi inquietanti tocca il culmine con l’autore del femminicidio in “Colpo di pistola”.
«L’intento era di interpretare anche delle parti scomode. Mi sembrava che fosse l’unico modo per affrontare quegli argomenti senza cadere nella banalità di dire cose scontate come “questo è sbagliato”. Ho preferito creare uno psicodramma calandomi nei panni del mostro perché non si può contrastare la deriva disumana della società ergendo un muro ma bisogna tentare di capire quanto di quella cosa c’è dentro di noi».
La violenza dei suoi personaggi nasce dall’ignoranza su cui attecchisce la propaganda populista?
«Un po’ sì ma c’è anche un altro aspetto. Viviamo in un’epoca in cui non c’è una preparazione né culturale né psicologica al dolore e alla morte. La rimozione del dolore non può rendere persone adulte, ma infantili».
Chi è il “Don Abbondio” della sua canzone?
«Quel pezzo è nato un po’ per una sensazione di disagio che avevo quando venivo invitato a seminari sulle mafie. Sentivo da una parte la necessità di andare sino in fondo e dall’altra la tendenza a volgere lo sguardo altrove. Ammettere che siamo tutti Don Abbondio forse è un primo passo verso un vero cambiamento».
“La verità” ci ricorda di avere coraggio nell’affrontare le paure che ci impediscono di essere noi stessi.
«Il disco parte dallo scontro di una parte di me che tende a vivere una serena routine e un’altra che cerca di farmi uscire per fare le cose che in mi rendono vivo. La mia tendenza alla rinuncia prima ancora di averci tentato non ha avuto la meglio anche perché ho avuto negli anni una serie di occasioni fortunate. Sentivo l’esigenza di cantare una canzone dedicata a me ma anche di dare uno stimolo agli altri».
“Canzone contro la paura” sembra una rivisitazione di “Canzone intelligente” di Cochi e Renato.
«Non ci avevo pensato ma potrebbe essere vista così. C’è sicuramente quel tipo di ironia. È una sorta di dialogo tra una persona che non crede nella necessità di scrivere canzoni intelligenti e un’altra che sostiene l’opposto. Una canzone per essere interessante deve toccare una profondità. “Una canzone intelligente” ha avuto grande successo perché dietro a una facciata volutamente sciocchina celava una profondità che aveva a che fare con l’umanità».
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